Si celebra oggi la Giornata nazionale del terapista occupazionale, voluta dall’associazione nazionale Aito per promuovere il professionista sanitario della riabilitazione. Sono 1963 i terapisti occupazionali iscritti agli albi (3,2 ogni 100.000 abitanti) con ampie differenze regionali.
Il Molise – spiega Caterina Valente, referente regionale Aito e terapista al Neuromed – ne conta solo 6, tutti impegnati in strutture riabilitative e nei diversi contesti territoriali, compreso il domicilio, luogo privilegiato del terapista occupazionale (in base al Piano di indirizzo della riabilitazione del 2011).
I programmi di terapia occupazionale si rivolgono a tutte le età e ai vari setting, dall’acuto al territoriale, mirano a ridurre le limitazioni all’autonomia e favorire il ritorno alla vita quotidiana. «Il nostro lavoro – prosegue Valente – è quello di prendere in carico la persona sin dalle prime fasi della riabilitazione, ad esempio post ictus, e accompagnarla verso il recupero di tutte le autonomie di base come lavarsi, vestirsi, mangiare da sola mediante training funzionali, l’uso di strategie e ausili. Il terapista occupazionale valuta i bisogni dell’individuo, utilizzando un approccio centrato sulla persona. Gli interventi includono la creazione di una routine, l’identificazione dei punti di forza, l’insegnamento di tecniche di risparmio energetico, la riorganizzazione dell’ambiente domestico e lavorativo, la scelta di ausili, possono essere rivolti anche ai caregiver. È un lungo percorso che mira a far tornare alla vita quotidiana la persona con il massimo livello di autonomia possibile».
Ma che senso ha parlare di queste cose secondarie, lo sanno tutti che esiste solo il Coronavirus, la peste del XXI secolo. Si dovrebbero invece abolire tutte le specializzazioni mediche, ormai obsolete, e trasformare tutte le strutture sanitarie in terapie intensive per i malati di Covid19, per la salvezza dell’umanità.