Poco più di 2.500: sono i molisani che hanno contratto il Sars-Cov2. Poco più di 400 coloro che sono stati intercettati dal sistema sanitario regionale e, con sintomi più o meno gravi, sono stati curati in ospedale o al domicilio. Tutti gli altri, 2.117, sono invece stati individuati grazie all’indagine sulla sieroprevalenza condotta da Istat e ministero della Salute – con la collaborazione fattiva della Croce Rossa italiana – e rappresentano lo 0,7% della popolazione regionale.
Una delle percentuali più basse ma non la più bassa: in Sicilia e Sardegna ha incontrato il virus lo 0,3% della popolazione indagata e in Calabria lo 0,6. Stessa percentuale che in Molise si registra in Campania. Mentre in Abruzzo la risposta anticorpale è stata riscontrata nell’1,5% delle persone sottoposte a test sierologico (il doppio che in Molise), nel Lazio ben più popoloso ‘solo’ nell’1%.
I risultati, provvisori, dell’indagine sono stati presentati ieri dal ministro Speranza, dai vertici di ministero della Salute, del Consiglio superiore di sanità, dell’Istat e della Croce Rossa.
L’impatto del Covid, in generale, interessa il 2,5% della popolazione residente in famiglia (su 64.660 individui testati, la metà del target che ci si era prefissati). Sono 1 milione e 482mila le persone il cui test ha registrato una positività alle IgG, anticorpi che indicano un contatto non recente col virus. Sei volte in più rispetto al totale dei casi intercettati con il tampone.
Nessuna patente di immunità, ha sottolineato il presidente del Css Locatelli ieri. Nessuna ‘tana liberi tutti’, anzi. Speranza ha evidenziato come la diffusione geografica della sieroprevalenza – le percentuali più alte in otto regioni del Nord (dal 7,5% della Lombardia al 2,8 delle Marche) – dimostra che c’è una parte del Paese che è stata protetta rispetto alla circolazione di Sars-Cov2. L’Italia centro-meridionale e insulare è stata preservata dalle misure di lockdown, motivo in più per non vanificare – abbassando immotivatamente la guardia – questo risultato finché non sarà disponibile un vaccino.
Dallo studio non sono emerse differenze significative riguardo al genere, uomini e donne sono stati colpiti nella stessa misura. Lo stesso vale per occupati e non occupati, cambia il valore in base al settore però: in sanità quello più alto (5,3%). Nei servizi di ristorazione e accoglienza la prevalenza vale il 4,2%.
Quanto all’età, il dato più basso è riscontrabile fra i bimbi da 0 a 5 anni e negli over 85.
I risultati confermano pure che aver avuto contatti con persone affette dal Covid aumenta la probabilità che si siano sviluppati gli anticorpi (16,4%, in Lombardia il 24%). Chi ha avuto contatti con un familiare convivente malato di Sars-Cov2 ha sviluppato una reazione dell’organismo nel 41,7% dei casi. Se il familiare non è convivente la prevalenza si abbassa al 15,9%.
Il 27,3% delle persone che hanno sviluppato anticorpi non ha avuto alcun sintomo. Il 24,7, invece, ha avuto uno o due sintomi (i più diffusi febbre, tosse o mal di testa) e il 41,5% hanno sviluppato almeno tre sintomi, compresa la perdita di gusto o olfatto. Sono, questi, due sintomi maggiormente associati al Sars-Cov2: su 100 persone che hanno perso il busto, il 27,5% è risultato positivo alle IgG. E su 100 persone che hanno perso il senso dell’olfatto, il 25,4% ha sviluppato gli anticorpi.
r.i.

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