Una terra mai uscita dall’onda lunga della crisi del 2008 e ora indebolita dalle conseguenze del Covid. Terra di passaggio e mite, le mafie hanno convenienza a sfruttarla. Non hanno neanche bisogno di piegarla con le armi.
Dal lavoro della commissione speciale di studio istituita dal Consiglio regionale viene fuori un Molise sempre più esposto. Dove il 75% delle imprese ha la forma giuridica della società uni personale. Un gioco da ragazzi per la criminalità organizzata assumerne il controllo dopo essersi accreditata presso il titolare in difficoltà economica come ‘salvatrice’.
Dall’organismo presieduto da Vittorio Nola sono arrivate ieri, insieme alla sintesi del risultato di indagine, proposte operative la cui efficacia è stata analizzata in un anno e mezzo di audizioni e approfondimenti. Alla presentazione, insieme all’esponente 5 Stelle, le colleghe Micaela Fanelli (Pd) e Aida Romagnuolo (Prima il Molise), il vicepresidente del Consiglio Gianluca Cefaratti e il sottosegretario alla presidenza della giunta Roberto Di Baggio. «La vittoria più grande, contro l’illegalità, è riuscire a prevenire i fenomeni», ha detto quest’ultimo aprendo i lavori nella sala parlamentino di Palazzo Santoro.
I dati, quindi. Si parte da quelli perché nessuno «da oggi deve rimanere un passo indietro». In Molise ci sono 11 beni confiscati ai clan, solo in due casi ne è stata già stabilita la destinazione, e si trovano un po’ su tutto il territorio regionale: Venafro, Cantalupo, Vinchiaturo, Campobasso, Campomarino. Da ultimo il blitz Piazza Pulita ha confermato «che sullo spaccio di droga siamo avanti, troppo avanti», così Nola. Durante le audizioni – che hanno riguardato associazioni antimafia, ambientaliste, sindacati, organizzazioni agricole e del commercio nonché delle coop – è stata segnalata come problematica la presenza di confinati provenienti da regioni limitrofe, anzi da zone a pochi chilometri dal luogo di confino.
Rilevante il fenomeno dell’usura che rischia di aggravarsi a causa della crisi derivante dal Covid poiché, si legge nel rapporto, «il tessuto produttivo e commerciale nella nostra regione lavora sostanzialmente in un “mercato chiuso”, circostanza alla quale si aggiunge la particolare tipologia delle aziende: il 75% di esse è composto da ditte individuali».
Sempre più evidente l’infiltrazione in agricoltura, non solo con episodi di caporalato non circoscritti al basso Molise ma per esempio notati anche nel Venafrano. Si pensi ai danneggiamenti dei vigneti e in generale dei raccolti. Si pensi ai tentacoli della ‘mafia dei pascoli’ scoperti dall’inchiesta della procura di Messina nel vicino Abruzzo e nei territori del Pnalm. E poi, ha sottolineato Nola, dal lavoro di ascolto è venuta fuori l’esigenza di «un’accelerazione di processi e inchieste sui colletti bianchi». Il consigliere 5s ha fatto riferimento all’indagine per voto di scambio di cui si è saputo dalla relazione dell’allora pg Rispoli. «Capisco che ora ci sia il dovuto rispetto del periodo elettorale, ma poi: o dentro o fuori. Non si può avere il dubbio che un’inchiesta finisca», ha osservato.
«Il Molise sembra tranquillo ma non lo è. È proprio la sua tranquillità ad attrarre gli interessi della criminalità. Agricoltura, rifiuti, appalti, attività commerciali. E poi gli assalti ai bancomat, i tanti confinati. È fondamentale – ha aggiunto Romagnuolo – il raccordo fra le istituzioni e l’educazione alla cultura della legalità».
Fanelli ha proposto che il monitoraggio diventi permanente, o con una nuova commissione (che per Statuto è temporanea) o comunque con la consapevolezza e l’impegno della politica a «mantenere acceso questo faro. Non è semplice tenere insieme tutti i soggetti competenti, ma forse la Regione è l’istituzione che può riuscirci meglio». Regione che non ha competenze specifiche sulla prevenzione dei reati ma, per esempio nel settore del credito o in quello ambientale, «può fare la sua parte, per esempio istituendo un fondo antiracket», la proposta avanzata da Fanelli.
Numerose le raccomandazioni della commissione che ha approvato il report all’unanimità. La costituzione di un Osservatorio regionale sulla Legalità, il cui ddl di istituzione è già pronto, di cui facciano parte enti e istituzioni, Università e mondo della scuola, parti sociali, forze dell’ordine e magistratura. Inoltre, una cabina di regia che connetta le banche dati di procure, Inail e Inps, Ispettorato del Lavoro, ma anche la valorizzazione degli indicatori della Camera di commercio o quelli che riguardano aspetti sociosanitari (in particolare per le dipendenze, 15mila gli utenti dei Serd) o sono legati all’energia e alla gestione dei rifiuti. Altro progetto, suggerito dalle associazioni di categoria, è quello di costituire un unico Confidi regionale, con adeguato fondo di dotazione finanziaria, per contribuire alla ripresa economico-produttiva delle piccole e medie imprese molisane in difficoltà e combattere l’usura.
Tre i progetti nazionali a cui la commissione ha aderito e che punta a realizzare in Molise: la valorizzazione dei beni confiscati, l’accompagnamento in un percorso di vita nella legalità dei minori soli o accompagnati solo dalle madri e hanno vissuti familiari di criminalità – si chiama ‘Liberi di scegliere’ e il presidente del Consiglio Micone ha già presentato la proposta di legge -, la modifica del contratto dei lavori pubblici per assegnare un rating di legalità – premiante negli appalti – per le imprese che denunciano.
r.i.

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