Nuovo tassello nel puzzle dal profilo penalmente rilevante che coinvolge il broker molisano Gianluigi Torzi e la Santa Sede. Il Corsera pubblica la conversazione riservata che ha avuto luogo, nel dicembre del 2018, al Bulgari Hotel di Milano. Qualcuno dei presenti la registra. Al tavolo Gianluigi Torzi, Fabrizio Tirabassi (dirigente del Vaticano) ed Enrico Crasso (gestore delle finanze della Santa Sede). Si discute di soldi, affari, «forse tangenti»: tessere collegate all’acquisto del palazzo di Sloane Avenue a Londra. Si parla di soldi, tanti soldi. Due settimane prima dell’incontro riservato, la Segreteria di Stato aveva raggiunto «un faticoso accordo con il finanziere Mincione – scrive il Corsera – per uscire dal suo fondo in cui erano stati investiti 200 milioni di dollari e per rilevare il 100% del palazzo». Il broker molisano è in possesso di mille azioni della Gutt, la società lussemburghese che ha rilevato il palazzo. Azioni il cui valore non è tanto economico quanto di potere: Torzi ha in mano «le leve di gestione dell’immobile del Vaticano. Per Tirabassi – continua il Corsera – è un problema enorme: deve far tornare il palazzo nelle mani della Segreteria perché l’inghippo è stato scoperto». Non solo: incombe il pericolo che possano perdere il controllo «e questo non va bene nei tuoi confronti…» dice a Torzi. Quale la cifra congrua per convincerlo a mollare? « Io pensavo di gestire 3-4 anni – rilancia il broker -, dammi 10 milioni e me ne vado; dammi 8 milioni. Se mi dai 2 milioni ti dico “mi hai ca… in mano” perché ne ho dati tre e mezzo solo a (omissis). Ce l’ho qua il bonifico. Oggi se piglio 10 milioni me ne porto a casa 3 o 4». A cosa allude Torzi? Chi è il destinatario del bonifico da 3 milioni e mezzo? Crasso avanza la sua exit strategy e consente di scoprire un altro strano particolare: Torzi sarebbe stato coinvolto in un affare da centinaia di milioni senza un contratto che ne definisse il ruolo.

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