«Una forzatura e quasi una punizione». Giudica così il segretario regionale della Fismu Ernesto La Vecchia la decisione di Veneto e Molise di disciplinare con ordinanza l’effettuazione dei test antigenici da parte di medici di famiglia e pediatri di libera scelta.
Dieci giorni fa è stato raggiunto un accordo nazionale, «l’unica cosa da fare ora era aprire il tavolo per la firma dell’accordo integrativo regionale. Invece, ancora una prova di forza che ci mette in contrasto con la politica».
Una forzatura, dunque, «eccessiva» – aggiunge La Vecchia – e illustra rilievi di merito rispetto al contenuto del provvedimento con cui il presidente della Regione Donato Toma fa obbligo al commissario della sanità Angelo Giustini di firmare un protocollo per il prelievo dei tamponi rapidi e il contact tracing. Rilievi che ribadirà all’incontro che il commissario dovrà convocare per il protocollo da siglare. «Nei nostri ambulatori non possiamo effettuare i tamponi, sappiamo che occorrono requisiti che non ci sono. Inoltre, quest’anno si è rafforzata la campagna di comunicazione sui vaccini antinfluenzali. Tutti abbiamo detto che è importante vaccinarsi. Bene, finora abbiamo ricevuto un terzo, al massimo la metà dei vaccini necessari. Ora, da qualche giorno, siamo sommersi anche dalle telefonate di chi pensa che già si possono fare i tamponi dal proprio medico. Il commissario Arcuri ne ha acquistato 10 milioni: quanti realmente ce ne saranno consegnati quindi?», sono le prime criticità sottolineate dalla Fismu.
Quanto al contact tracing, aggiunge, «non può essere accettata una proposta del genere. Vi immaginate? Un mio assistito è positivo all’antigenico, quindi devo fare l’indagine epidemiologica, individuare i suoi contatti, chiamarli e così via. E quando curiamo i nostri assistiti? Noi siamo professionisti che tutelano la salute, non amministrativi della Regione o delle Asl».

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