La seconda ondata del Covid-19 ha investito il Sud, ampiamente risparmiato a marzo: ospedali sotto pressione quando non in tilt. Ospedali, ed economia già provata dal lockdown della primavera scorsa, che nel Mezzogiorno scontano già una debolezza congiunturale.
Parte da questo assunto il rapporto Svimez 2020 presentato a Roma ieri pomeriggio alla presenza del premier Conte.
Nel 2020 il Pil italiano, secondo Svimez, scenderà del 9.6%: -9.8% al Nord, -9% al Sud.
Nelle regioni meridionali il secondo lockdown ha accresciuto le difficoltà di attività e pezzi di occupazione in posizione marginale (sommerso, nero, irregolari). Di qui la caduta del reddito disponibile delle famiglie del -6,3% che si trasmette ai consumi privati, con una contrazione al Sud pari al -9,9% superiore a quella del Centro-Nord (-9%). Mentre la base produttiva meridionale non ha ancora recuperato i livelli antecedenti la “lunga crisi”, specie nel comparto industriale.
Nel 2021, invece, Svimez prevede che il Pil cresca al Sud dell’1.2% e nel 2022 dell’1.4% (a fronte del 4.5 e del 5.3 del Centro-Nord).
In Molise, la stima del Pil 2020 è di un calo dell’11.6% (il terzo calo più alto in Italia dopo il 12.9% della Basilicata e il 12.4 del Veneto). L’anno prossimo le previsioni segnano un +0.3%.
Secondo Svimez, quindi, il Paese è «unito» da una recessione senza precedenti. Gli effetti economici, così come avvenuto per la pandemia, si diffondono progressivamente a tutte le regioni italiane.
E prosegue, inoltre, inesorabilmente il calo della popolazione. Nel 2018 si sono cancellati dal Mezzogiorno oltre 138mila residenti, 20mila hanno scelto un Paese estero. Un terzo del totale è rappresentato da laureati. Il flusso di emigrati dal Sud verso il Centro-Nord ha raggiunto circa 118mila unità, 7mila in più dell’anno precedente. La Calabria presenta il più elevato tasso migratorio, 4.5 per mille, seguita da Basilicata (3.8 per mille) e Molise (3.5 per mille).

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