Confcommercio ha diffuso i dati dello studio aggiornato sull’evoluzione commerciale delle città italiane dal 2012 al 2020. L’analisi ha vagliato 120 città medio-grandi
(110 capoluoghi di provincia e 10 comuni di media dimensione), per un perimetro di ricerca che corrisponde ad un quarto della popolazione e delle imprese presenti sul territorio nazionale.
Sono state analizzate 13 aree di attività economica: 9 del commercio fisso al dettaglio, cui si aggiungono il commercio ambulante, l’area dell’alloggio-ospitalità e quella della ristorazione; la sezione altro commercio riguarda sostanzialmente le società che vendono online e porta a porta. Tutte le attività considerate oggi ammontano a oltre 925mila unità: 474mila riguardano il commercio al dettaglio in sede fissa; gli ambulanti sono circa 80mila; quasi 346mila è il totale di bar, ristoranti e alberghi; 25mila le attività registrate come altro commercio.
L’intervallo temporale in cui è stata analizzata l’evoluzione delle imprese italiane va dal 2012 al 2020, con particolare attenzione ai centri storici dei comuni oggetti di studio.
Per l’anno 2020 l’Ufficio studi di Confcommercio ha stimato una riduzione di oltre 300mila imprese del commercio non alimentare e dei servizi, di cui circa 240mila esclusivamente a causa della pandemia. Complessivamente, nell’anno appena concluso sono andati persi 160 miliardi di euro di Pil, 120 miliardi di consumi e il 10% di ore lavorate. Tra il 2012 e il 2020 sono spariti 77mila negozi in sede fissa, con una riduzione del 14%, mentre cresce dell’8.8% il numero di attività di alloggio e ristorazione, un trend che si evidenzia anche nei due capoluoghi molisani. Questi ultimi due settori però, a fronte di un trend positivo, sono anche quelli che dall’inizio dell’emergenza epidemiologica hanno risentito maggiormente della crisi economica.
Tra il 2012 e il 2020 a Campobasso il commercio al dettaglio ha visto la chiusura di 35 attività nel centro storico e di 41 nel resto della città. Lo studio ha registrato la sola crescita di attività di prodotti alimentari e bevande (+21 unità) e di alberghi, bar e ristoranti soprattutto al di fuori del centro storico (+22 unità).
Ad Isernia, nello stesso periodo, il commercio al dettaglio ha perso 37 attività, di cui 20 nel centro storico e 17 nel resto della città. Anche nel capoluogo pentro, come a Campobasso, sono aumentati bar, alberghi e ristoranti, restando stabili nel centro storico e aumentando nel centro cittadino (+22 unità).
Dunque lo studio di Confcommercio ha evidenziato che, nei due capoluoghi molisani, a fronte di una riduzione significativa di attività afferenti al commercio al dettaglio, si è registrato un aumento di attività riguardanti l’area dell’ospitalità-alloggio e quella della ristorazione. Appare stagnante, se non in regressione, l’evoluzione commerciale dei centri storici di Campobasso ed Isernia.
«Un’analisi particolare – ha spiegato Mariano Bella, direttore Ufficio studi Confcommercio – perché cancellazioni, mortalità e natalità sono eccezionali a causa della pandemia e sono eccezionali talvolta in senso contro intuitivo. In Italia nel 2020 si è osservato un tasso di cancellazione, sia al lordo sia al netto delle cancellazioni d’ufficio, straordinariamente basso. Poiché non ci sentiamo di sostenere l’ipotesi di boom economico, dobbiamo ripiegare sulla più realistica ipotesi di congelamento, ibernazione del tessuto produttivo (blocco licenziamenti, cig, ristori). Molte imprese sono già chiuse nel senso che pur iscritte ai registri non operano e non opereranno mai più; il riflesso statistico – ha concluso Mariano Bella – 240mila imprese perse causa Covid, si avrà nei prossimi trimestri, non subito, neppure nel primo quarto dell’anno».

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