Sono milioni le donne in Italia che vivono quotidianamente situazioni di disagio, di paura e che subiscono violenza a vario titolo. Ormai, purtroppo, non è più un evento o una casualità, ma un fenomeno strutturale a tutti gli effetti.
Sono decenni, secoli, che l’atteggiamento di prevaricazione verso mogli, madri, figlie, conviventi aumenta e si evolve assieme alla nostra società. Se secoli fa la donna era segregata in casa oggi viene minacciata e ricattata attraverso i social e i nuovi strumenti tecnologici.
Purtroppo, anche le violenze si sono aggiornate!
Una consuetudine, sempre più triste, che non conosce età, classe sociale, livello di istruzione e che è accomunata dall’essere legata a silenzi insopportabili, a omertà, a “incomprensibili comprensioni”, con la conseguenza che la quasi totalità delle violenze rimane sommersa per timore di ritorsioni ma spesso per paura di giudizi, magari perche qualcuno può affermare: «se l’è andata a cercare».
E purtroppo lo Stato non sempre riesce a porsi come argine al fenomeno, attraverso l’applicazione degli strumenti normativi che pur esistono, ma che necessitano anche di risorse per essere applicati.
I centri antiviolenza, ad esempio, non ce la fanno a resistere perché i finanziamenti non arrivano o arrivano tardi, con la conseguenza di chiudere e abbandonare donne, madri con figli, al loro destino.
E purtroppo siamo dinanzi al finanziamento destinato solo al contrasto dell’emergenza, quando ormai il fatto è compiuto, senza ancora arrivare a monte: alla formazione dei giovani su una cultura di non violenza, di rispetto, di eguaglianza.
Da lì servirebbe partire: dai futuri uomini. I sistemi educativi hanno il compito di forgiare gli adulti del domani, rendendoli partecipi di un processo educativo che punti a raggiungere comportamenti degni di chi si accinge e dovrà essere “Uomo”
Oggi, invece, siamo ancora a celebrare questa giornata, tra frasi fatte e slogan, ma da domani si torna alla normalità. Alle quattro mura, teatro di veri e propri orrori, sicuramente aumentati dall’emergenza Covid che ci ha obbligati in casa per mesi. Pensiamo per un momento a quante violenze sono state consumate nel corso dei lockdown. È davvero agghiacciante e confermato dai dati Istat rispetto ai contatti verso i numeri di soccorso.
Come sindacati stiamo aumentando parecchio il lavoro e la pressione su questo tema, incontrando i ministri competenti, chiedendo maggiore impegno, maggiori fondi, maggiori iniziative.
Per la Uil è necessario fare informazione e costruire azioni di prevenzione e accoglienza per individuare le situazioni di rischio, rilevare i casi già in atto e dare vita a una rete di sostegno. A tal fine, è importante una maggiore consapevolezza del fenomeno, attraverso forme di informazione e sensibilizzazione culturale, insieme a una visione sistemica tra famiglia, scuola, servizi sociali e sanitari, associazioni, autorità giudiziarie e operatori che lavorano a stretto contatto con i bambini e le famiglie.
Ovviamente, tutto ciò potrà esser realizzato soltanto attraverso il potenziamento dei centri di ascolto sul territorio e verso i quali ci aspettiamo un forte impegno anche da parte delle istituzioni regionali che hanno la piena titolarità e la competenza reale e morale di contribuire a combattere questo triste fenomeno.
Tecla Boccardo

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