Una diagnosi rapida, sicura e per nulla invasiva, grazie a un’innovativa tecnica in ambito clinico, chiamata spettroscopia Raman. La traccia del virus identificabile anche dopo l’esito negativo del tampone molecolare, in grado di rivelare inoltre la gravità della patologia respiratoria intercorsa e il tempo trascorso dall’infezione, permettendo di orientare da subito il percorso terapeutico più appropriato.
In estrema sintesi è a quanto si sta dedicando Cristiano Carlomagno, ricercatore agnonese dell’IRCCS di Milano – Fondazione Don Gnocchi e dell’Università degli Studi di Milano-Bicocca.
Lo studio ideato e coordinato dal LABION – Laboratorio di Nanomedicina e Biofotonica Clinica della Fondazione, guidato da Marzia Bedoni sarà ora pubblicato sulla rivista “Scientific Reports”. L’università Bicocca insomma ha messo a punto un test anti covid sulla saliva che permette di riscontrare velocemente l’eventuale positività e, soprattutto, di valutare dal principio la gravità dell’infezione, così da scegliere le cure più adeguate. «Alla base della ricerca – spiegano a Milanotoday.it Marzia Bedoni e Cristiano Carlomagno, ricercatore Don Gnocchi, e primo autore dello studio – c’è un’esigenza che ormai fa parte del sentire comune: per limitare i contagi e arginare la diffusione della pandemia abbiamo tutti compreso l’importanza di individuare velocemente la presenza del virus nei pazienti. Il metodo di analisi sulla saliva basato sulla spettroscopia Raman, frutto del nostro lavoro, è in grado di dare un risultato altamente sensibile e specifico entro pochi minuti».
Come funziona il test anti covid sulla saliva. «Questa tecnica – sottolineano i due ricercatori – può essere effettuata con una minima preparazione del campione, dà risposte in tempi brevi, non richiede particolari condizioni per l’esecuzione della misura e si effettua senza l’utilizzo di reagenti a fronte invece di altri metodi di riscontro già in uso, che richiedono una lunga fase di preparativa e di analisi del campione». La saliva, chiariscono dal Don Gnocchi, che pubblicherà lo studio sulla rivista Scientific Reports del gruppo Nature, «è prelevata grazie a un tampone masticato senza alcun disagio anche da parte di pazienti anziani o fragili, limitando tra l’altro ogni contatto fra soggetto potenzialmente infetto e operatore sanitario. Il campione è poi analizzato con lo spettroscopio Raman, strumento che utilizza la luce laser per studiare la composizione chimica di campioni complessi».
Quindi, «l’analisi individua la presenza del virus, una ‘firma’ che rimane anche dopo la negativizzazione del paziente. Inoltre, decifrando le informazioni raccolte, si può risalire alla gravità della patologia respiratoria intercorsa e al tempo trascorso dall’infezione». Il che chiaramente migliorerebbe, e di molto, le possibilità di cure. «L’obiettivo – concludono i ricercatori – è ora quello di trasferire nel più breve tempo possibile il metodo definito a livello di laboratorio in procedure utilizzabili nei reparti, negli ambulatori o comunque in ambiti facilmente accessibili alla popolazione».

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