Dal ‘Gaslini’ di Genova al ‘Cardarelli’ di Campobasso anche se il suo primo amore resta Agnone dove attualmente risiede. Se i suoi colleghi rifiutano il Molise, lui alla prima occasione ci si è catapultato. Vero, questione di cuore visto che è fidanzato in alto Molise, tuttavia Andrei Razvan Botusan all’ultimo anno di specializzazione in Neonatologia, metterebbe la firma pur di restare al Sud. Proprio lui che di meridionale non ha nulla. Slang emiliano malgrado parli correttamente tre lingue, nato in Romania trent’anni fa, ovvero dopo la caduta del dittatore Ceausescu, a dieci anni raggiunge i genitori a Bologna dove si laurea in Medicina e Chirurgia. Il suo obiettivo resta quello di diventare un bravo pediatra e allora mira dritto ad una eccellenza tutta italiana: l’ospedale ‘Gaslini’ di Genova. Vi entra e per quattro anni frequenta vari reparti dove fa esperienza, immagazzina nozioni e impara ad interfacciarsi con i genitori. «Dopotutto il nostro è un mestiere simile ad un artigiano» rimarca Andrei. Ma di alta qualità aggiungeremmo.
Nel frattempo il governo Conte II emana il ‘Cura Italia’ che consente agli specializzandi di poter lavorare nelle corsie degli ospedali. Per Andrei un’occasione da non perdere. Quasi per caso viene a sapere che il Molise fatica a trovare medici come lui. Nella XX regione d’Italia vanno deserti anche i bandi di assunzione. Contatta l’Asrem e dà la sua disponibilità a trasferirsi anche se dovrà aprire una partita Iva. Arriva la chiamata e a febbraio scorso inizia la sua nuova avventura nella neonatologia del Caradarelli.
Botusan, perché proprio il Molise, molti suoi colleghi hanno rifiutato l’offerta.
«È stata quasi una sfida, laddove nessuno è voluto andare, vado io mi sono detto. Non posso nascondo che in Molise ho trovato anche l’amore. Un motivo in più per accettare. Ho rifiutato anche altre offerte come quella del pediatra di libera scelta. Sono fatto per la corsia».
Che contratto ha ricevuto?
«A partita Iva fino a luglio prossimo».
A suo avviso perché i medici in cerca di lavoro rifiutano il Molise?
«Credo, ma questa è una mia opinione, i miei colleghi temono di non essere supportati in maniera adeguata dalla struttura».
A cosa si riferisce?
«Premesso che il personale medico e infermieristico non si discute, anzi posso dire che ha una ottima preparazione, servirebbe uno slancio a livello di investimenti migliorativi sull’offerta attuale».
Consiglierebbe a qualche suo collega di venire a lavorare in Molise?
«Sicuramente sì, anzi mi piacerebbe che qualcuno con il quale ho condiviso esperienze lavorative in altre parti d’Italia arrivasse a Cambuasce, si dice così no?».
Una sorta di appello: venite a lavorare in Molise?
«A chi mi contatta o dovesse farlo dico che qui si può fare un’ottima esperienza, apprendere cose nuove che potranno tornare utile in futuro».
Con un contratto a tempo indeterminato rimarrebbe da queste parti?
«Sinceramente sì, soprattutto perché la qualità della vita è eccellente rispetto alle grandi città».
Vive ad Agnone e conosce la realtà del Caracciolo. Che idea si è fatto?
«Mah, che bisogna togliere la sanità dalle mani delle Regioni e restituirla al Governo centrale. Sapere di chiusure di reparti, mancanza di ambulatori o servizi ridotti al lumicino, non è giusto. Si chiama solidarietà nei confronti di aree svantaggiate dove tra l’altro esiste pochissimo lavoro e gli ospedali possono essere simili a fabbriche che creano reddito.
Tuttavia questa gente paga le stesse e identiche tasse di chi risiede nei centri più grandi e dunque meriterebbe pari dignità. A volte mi sono posto la domanda: ma come fa un infartuato o una persona colpita da ictus a raggiungere Campobasso da Capracotta? A mio avviso si rischia di non garantire neppure i Lea. Questo è inaccettabile».
A suo modo di vedere come andrebbe organizzato l’ospedale altomolisano?
«Non sono un tecnico ma immagino una struttura con un Pronto soccorso h24, una reparto di Medicina interna, Radiologia, Analisi, Lungodegenza, una chirurgia ambulatoriale che potrebbe snellire i carichi di lavoro delle altre strutture abbattendo le liste d’attesa. Le faccio un esempio: a Bologna, realtà che conosco bene, gli ospedali più grandi spesso si appoggiano su strutture distanti 50-60 chilometri (vedi Bazzano e Porretta Terme) che fanno un’ottima chirurgia ambulatoriale. È così si evitano le antipatiche liste di attesa. In Molise basterebbe copiare il modello Emilia, ed Agnone potrebbe giocare un ruolo fondamentale in considerazione anche delle moderne sale operatorie».
Senza indugi ha partecipato alla campagna vaccinale di Palazzo San Francesco, che esperienza è stata?
«Fantastica, un’esperienza che mi ha arricchito umanamente e mi ha fatto capire come questi anziani e queste persone meritano rispetto più di chiunque altro. Un plauso anche ai volontari che hanno organizzato le giornate, sono stati impeccabili».
Caracciolo punto vaccinale: sì o no?
«Il punto non è questo ma è un altro. Serve vaccinare il più possibile, farlo all’ospedale o nella sala del Comune per me è lo stesso l’importante è velocizzare le vaccinazioni».
Arriva dal mare per stare in montagna. Come si vive ad Agnone?
«Le rispondo con un farei nascere qui i miei figli».

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