Il basso Molise si coagula sulla battaglia a difesa del territorio, del diritto alla salute e dell’ospedale San Timoteo ed è pronto a dichiarare “guerra” a Toma. Non è certo la migliore locuzione possibile, ma si è passato il segno sulla sanità. Il documento ufficiale arriverà oggi, ma già è trapelato che in assenza di risposte serie lo scontro sarà fatto armare in Consiglio regionale. Non tutti, ma una buona parte dei sindaci chiamati a raccolta dal primo cittadino di Termoli, Francesco Roberti, hanno ritenuto di rispondere presente. Fino a quando siamo stati presenti in sala consiliare ieri sera, mancavano tra i centri più significativi soltanto Guglionesi, Santa Croce di Magliano e Campomarino. C’era Larino, c’erano Bonefro e San Giuliano di Puglia, Larino, Ururi, Montorio nei Frentani, Portocannone, Petacciato, Montenero di Bisaccia, Palata, Tavenna, San Giacomo degli Schiavoni, Mafalda, Provvidenti, Guardialfiera, Montecilfone. Della partita anche Montefalcone del Sannio, San Martino in Pensilis, Acquaviva Collecroce, forse qualcuno ci è sfuggito. Ma tutti insieme, appassionatamente, sono pronti a dare battaglia. L’esito della conferenza dei sindaci che ieri mattina ha incontrato il commissario-presidente Donato Toma non ha soddisfatto per nulla gli amministratori, poiché le criticità che andrebbero risolte sono altre rispetto a quanto poi sintetizzato ufficialmente dal Governatore. Non è un fronte aperto solo in via Sannitica, Termoli è capitale morale del basso Molise e il San Timoteo unico baluardo per tutelare la salute della comunità che rappresenta ben oltre un terzo della popolazione regionale. La riunione è andata avanti per quasi due ore, i sindaci erano chiusi in conclave nella sala consiliare, l’umore non era affatto dei migliori, viste le problematiche a valanga che ormai ci investono, di natura locale o globale. «Viviamo i disagi che vive l’intero Basso Molise – ha rimarcato il sindaco di San Giacomo, Della Porta – con un ospedale che fino a qualche anno fa era il fiore all’occhiello di questa regione, della sanità molisana e che deve tornare ad essere quello che era una volta; con reparti che funzionino, con primari, con personale medico e infermieristico al top. Oggi i medici fanno uno sforzo immane per garantire le prestazioni assistenziali pur essendo in un organico molto ridotto. Chiediamo alla politica regionale e nazionale di venire incontro a questa parte importante del territorio molisano e a garantire livelli di assistenza minima necessaria per una sanità che funzioni. Ci incontriamo tra sindaci e sicuramente ci saranno delle azioni conseguenti a questa riunione perché siamo stanchi di vedere il San Timoteo ridotto a un poliambulatorio». La convocazione riguardava i centri compresi nei due ambiti sociali territoriali che hanno come enti capofila Termoli e Larino. «Nel confronto con il commissario Toma ho ribadito la totale insoddisfazione per come si sta prospettando il discorso sulla riorganizzazione della rete sanitaria – ha riferito Roberti, incontrando la stampa prima dell’assemblea – devo dire che sono amareggiato perché siamo di nuovo di fronte al concetto che esiste il decreto Balduzzi e che questo decreto non ci consente di superare le criticità. Io dico che in una regione dove in rapporto al numero degli abitanti durante il covid ci sono stati più morti di tutti (intende di tutte le altre regioni?), andava stigmatizzato a Roma che tutti questi decessi sono dovuti ad una carenza della rete sanitaria del Molise. E invece si continua a rispettare questo decreto Balduzzi che tra l’altro è l’unico decreto in Italia dove chi paga lo scotto è la Regione Molise e soprattutto il San Timoteo. Per il San Timoteo si prevedono con il Pnrr 12 milioni di euro ma semplicemente per andare ad adeguare alcuni aspetti tecnici dell’ospedale, tipo la rete antincendio, alcuni altri interventi di carattere tecnologico. Ma non c’è alcun programma di rilancio del San Timoteo. Vale lo stesso per Isernia, dove si prospetta la realizzazione di un ospedale ex novo, non si capirebbero né i tempi né chi dovrebbe andarci a lavorare e quali sarebbero i reparti che rimarrebbero aperti all’interno di questa struttura. Stessa cosa vale per l’ospedale San Timoteo. Sostanzialmente siamo al punto zero. Cioè da quando mi sono insediato si parla ancora se deve rimanere aperto o meno il punto nascita. Quindi non può che trovarmi insoddisfatto su questa posizione e coi sindaci vedremo il da farsi. Noi dobbiamo far capire a Roma che si è creata una situazione in cui si è dimostrato, con prove alla mano, che quando non funziona una struttura sanitaria, chi paga dazio sono i cittadini che hanno bisogno di cure. Immaginare di riorganizzare questa rete sanitaria, abbassare il deficit e creare mobilità passiva, perché poi alla fine si parlerebbe quello. Cioè i cittadini del Basso Molise dovrebbe andare a farsi curare negli ospedali limitrofi. Credo che sia come il cane che si rincorre la coda, quindi credo che non ne usciremo mai da questa situazione. È evidente che noi sindaci dobbiamo far capire a tutti, e quando dico a tutti al di là dei colori politici, che Roma è sorda e quindi noi dobbiamo prendere provvedimenti e posizioni anche forti. Un decreto come quello della Calabria darebbe respiro e soprattutto rilancio alla riorganizzazione della rete sanitaria. Il problema successivo è capire chi sono gli interlocutori che dovranno provvedere a fare questo. Perché ad oggi vedo una totale approssimazione sotto ogni aspetto sanitario, compreso quello della gestione. Hanno bandito un concorso per quello che riguarda la cardiologia, tra questi forse c’è qualcuno che ha la specializzazione in emodinamica. Ma sono molto scettico, considerato che al San Timoteo a distanza di due anni ancora non riescono neanche ad aprire un bar, quindi figuriamoci se riusciamo ad uscire da questo pantano».

EB

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