La prima richiesta di denaro arriva poco prima di Natale, il 22 dicembre. I due suonano al citofono della vittima: «Siamo amici di Napoli, perché dobbiamo risolvere la questione! Ci devi dare dei soldi, vedi che ora sappiamo dove abiti». Qualche ora dopo la telefonata da una cabina telefonica di Campomarino: «Allora senti, al nostro parente non lo chiamare, portagli solo i soldi ok?…. sappiamo dove abiti, ci vediamo sotto casa tua se non gli porti i soldi!».
Per fortuna l’incubo per l’imprenditore campobassano è durato poco più di un mese: all’alba di ieri sono entrati in azione gli agenti della Squadra Mobile di Campobasso che hanno dato esecuzione ad un’ordinanza di custodia cautelare disposta dal gip del Tribunale di Campobasso, Roberta D’Onofrio.
In carcere sono finite due 49enni: un uomo di Campomarino, già con precedenti, e un campano domiciliato sempre nella cittadina adriatica affiliato al clan camorristico Di Lauro. Il pluripregiudicato è stato per altro già condannato dopo la cosiddetta ‘guerra di Scampia’. Uscito dal carcere si è trasferito a Campomarino perché colpito da divieto di dimora a Napoli.
Entrambi sono risultati positivi al Covid per cui sono stati trasferiti nel carcere di Larino che ha già gestito detenuti contagiati, mentre l’istituto penitenziario del capoluogo non era attrezzato per ospitare positivi.
Ai domiciliari è finito invece un imprenditore di Sant’Elia a Pianisi di 48 anni, ‘mandante’ del tentativo di estorsione che ha ingaggiato i due per ottenere un credito inesistente. Il reato contestato ai tre (e ad altri denunciati a piede libero) è di concorso in tentata estorsione aggravata dal metodo mafioso, in danno di un imprenditore edile di Campobasso.
I dettagli dell’operazione denominata ‘Red Zone’ – poiché è stata eseguita a Campomarino, zona rossa a causa di un importante focolaio da qualche settimana – sono stati illustrati ieri mattina nel corso di una conferenza stampa, alla quale ha preso parte anche il procuratore di Campobasso Nicola D’Angelo e il sostituto Vittorio Gallucci.
Da quanto emerge dalle indagini, qualche giorno prima di Natale i due indagati si sono presentati sotto l’abitazione della vittima, pretendendo la corresponsione indebita di denaro. Il pretesto di tale richiesta era quella di ottenere in favore del mandante di Sant’Elia a Pianisi del denaro a fronte di asseriti crediti che quest’ultimo avrebbe vantato: la richiesta iniziale di 7.000 euro, corredata da minacce ben precise, è poi lievitata fino a 100.000 euro. L’imprenditore estorto, nonostante la prostrazione e la comprensibile preoccupazione per sé e per la propria famiglia, ha però trovato il coraggio di rivolgersi alla Polizia di Stato e di denunciare il fatto, consentendo così gli agenti guidati da Raffaele Iasi, coordinati dalla Procura della Repubblica di Campobasso, di ricostruire compiutamente la vicenda individuando le singole responsabilità. Il gip ha condiviso l’impianto accusatorio anche in relazione alla sussistenza del “metodo mafioso”, cioè alle intimidazioni che richiamano direttamente la metodologia utilizzata dai sodalizi criminali che controllano interi territori, sia pure non, fino ad ora, quello molisano. Peraltro il reato è stato commesso da soggetti non del tutto estranei a contesti camorristici, i quali hanno agito avvalendosi, per l’appunto, di modalità tali da evocare la forza intimidatrice dell’agire mafioso.
Durante la conferenza stampa, il questore di Campobasso Giancarlo Conticchio, ha sottolineato l’importanza della collaborazione tra cittadini e forze di polizia e ha lodato il coraggio dell’imprenditore molisano vittima della tentata estorsione, che sicuramente potrà costituire un esempio per quanti si trovino a subire minacce di analoga natura: l’invito è sempre quello di fidarsi delle Istituzioni ed in particolare di chi è chiamato ad operare per garantire il rispetto della legalità.

D’Angelo: «Un uomo con la schiena dritta ha trovato il coraggio di denunciare»

Pressioni, minacce e i tentativi sempre più ricorrenti di insinuarsi nel tessuto imprenditoriale. L’operazione Red Zone ha messo in luce questo preoccupante aspetto in un territorio, come il Molise, fino a qualche tempo fa ‘immune’ a certi meccanismi. Una minaccia ancora più pericolosa se inserita nel contesto della crisi pandemica che rischia di rendere ancora più vulnerabili numerosi settori e comparti economici. Su questo si concentra il procuratore Nicola D’Angelo, sottolineando come la lotta alla criminalità organizzata da parte della Procura e delle forze dell’ordine è più attiva che mai.
«Questa vicenda – ha evidenziato – può essere presa ad esempio dei diversi modi di essere e di sentirsi “cittadino” di questa regione: da un parte si può essere un imprenditore con la schiena dritta, che riceve minacce da pluripregiudicati, si preoccupa, ha timore, ma non esita e fa l’unica cosa giusta: denuncia i fatti all’Autorità. Dall’altra si può scegliere di essere un imprenditore che si avvale di pregiudicati, li utilizza e si fa loro strumento per rivendicare crediti, peraltro inesigibili. Se prevarranno i cittadini con la schiena dritta, questa regione non avrà nulla da temere dalla criminalità mafiosa. Non la Procura, non le forze dell’ordine, ma proprio costoro saranno quelli che impediranno alle organizzazioni mafiose di radicarsi.
Se prevarranno i cittadini dell’altro stampo, il destino potrà essere diverso. Gli sforzi della Procura e delle forze dell’ordine potrebbero non bastare, anche risultati importati e successi investigativi potrebbero non riuscire ad impedire, alla criminalità mafiosa, di divenire sempre più aggressiva con il rischio che i cittadini liberi di questa terra si trasformino in sudditi. Naturalmente noi faremo di tutto per evitarlo.
Dal confronto con le forze dell’ordine emerge la netta percezione che diverse persone stiano chinando il capo di fronte alle pretese di soggetti di chiara caratura criminale, che pagano per non subire aggressioni, che soffrono vedendosi sottrarre l’azienda, che si rivolgono a pregiudicati per risolvere un loro problema pensando, poi, di poter mantenere le distanze. Persone che, in definitiva, si sentono sole ed in pericolo». Poi lancia un forte appello ai cittadini: «Per chi si trova in queste condizioni un’unica strada è possibile: denunciare questi abusi!
Polizia di Stato, Carabinieri e Guardia di Finanza vi aspettano per tutelarvi, per ricevere le vostre denunce; alcuni dei loro uffici sono aperti ad ogni ora. Io ei miei colleghi siamo ogni mattina in Procura per ricevervi e dedicarvi attenzione. Siamo in Procura ad aspettarvi, per sentirvi, per indirizzarvi. Noi tutti siamo pagati per questo.
Non occorre prendere appuntamento, non occorre farsi annunciare. È sufficiente raggiungere gli uffici dei Carabinieri, della Polizia di Stato e della Guardia di Finanza; è sufficiente raggiungere il palazzo di giustizia e chiedere di parlar e con il procuratore. Fare questo passo è molto più semplice di quanto non possa sembrare. Vi aspettiamo.
L’azione preventiva e repressiva richiede la discesa in campo di più attori volti a impedire un radicarsi della criminalità organizzata sul territorio molisano. Ma ancor più importante è la collaborazione dei cittadini, i quali non devono scendere a compromessi con persone che, ancorché possano non manifestare da subito il vero volto criminale, sanno inizialmente sedurre e poi “fagocitare” le attività e governar e, col metodo mafioso, l’intero territorio. La denuncia dei cittadini onesti è l’unica strada possibile».

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