È una crisi conclamata quella che si sta consumando al Comune di Campobasso. Altro che fibrillazioni interne o «normale dialettica politica»: il palazzo sta franando sotto i colpi – ben assestati – del Cantiere Civico guidato da Pino Ruta. Dopo lo strappo definitivo, i consiglieri civici sono pronti a mettere nero su bianco la mozione di sfiducia e portarla in Aula. La parola d’ordine è: azzerare tutto. «Meglio un commissario che questa amministrazione», ha tuonato Ruta l’altra sera in conferenza stampa, spalancando di fatto le porte a un possibile scioglimento anticipato del Consiglio comunale.
Il paradosso? Il centrodestra, che avrebbe tutto da guadagnarci, tentenna. Invece di cogliere al volo l’assist d’oro fornito dai civici – che hanno rotto proprio con la coalizione progressista che li ha portati al governo – si perde in analisi, riflessioni e «valutazioni nell’interesse della città». Un teatrino imbarazzante che ha l’unico effetto di rendere ancora più torbido il quadro politico.
A fare chiarezza ci ha pensato Aldo De Benedittis, candidato sindaco del centrodestra battuto al ballottaggio da Marialuisa Forte: ha subito sposato la linea Ruta, rilanciando con una proposta chiara e radicale – le dimissioni simultanee davanti a un notaio. Una posizione netta, che stride con i bizantinismi e i tentennamenti di figure come Mimmo Esposito e Salvatore Colagiovanni. Il primo, non appena il collega di partito Nicola Cefaratti (FI) ha rotto gli indugi dichiarandosi favorevole alla sfiducia, si è affrettato a precisare che parlava a titolo personale. Perché tanta fretta? Perché quel bisogno quasi compulsivo di smarcarsi? La risposta sta nelle voci sempre più insistenti che circolano nei corridoi regionali: Esposito sarebbe pronto a “traghettare” verso la maggioranza Forte in cambio di un assessorato alla Cultura. Fantapolitica? Forse. Ma dopo i precedenti di Varra e Madonna, chi si stupirebbe davvero?
Più chiaro – almeno nelle intenzioni – Colagiovanni: «Il vero male è proprio Ruta (Pino, ndr). Io non temporeggio, ma il mio partito deve decidere cosa fare. Altrimenti mi ritiro e torno a occuparmi del mio terreno: mille metri di rovi costano meno della politica e rendono di più in salute». Una battuta amara, ma che fotografa bene il malessere e la confusione che regnano tra i banchi dell’opposizione.
Nel frattempo, in un Consiglio comunale che conta 15 consiglieri di minoranza, molti restano silenti e inavvertibili. Perfetti sconosciuti alla cronaca e, forse, anche alla cittadinanza. Ma con un gettone da oltre 2.500 euro al mese, che senza stravolgere la vita sicuramente la migliora. Un motivo in più per restare alla finestra e aspettare che passi la tempesta, al riparo da responsabilità e decisioni scomode.
E mentre la città affonda nell’immobilismo, la sindaca Marialuisa Forte tace. Non una parola per commentare lo tsunami politico che si è abbattuto su Palazzo San Giorgio. Nessuna presa di posizione, nessuna smentita, nessuna reazione. Lei, il suo mentore Roberto Ruta, e l’intera galassia del centrosinistra sembrano aver optato per la strategia dell’invisibilità. Eppure, quella che si sta vivendo non è ordinaria amministrazione: è la fine di un ciclo. A meno che – ed è ipotesi tutt’altro che remota – la stessa sindaca, professionista prestata alla politica, donna dai modi eleganti ma di certo poco incline ai compromessi di basso livello, non stia maturando l’idea di staccare – prima di chiunque – la spina. Un gesto di dignità, che metterebbe fine a un teatrino che Campobasso non merita.
Luca Colella