Nuvole sì, ma non nere come la pece e minacciose. L’economia del Molise mostra una crescita discreta, certo è in rallentamento ma non si può dire che sia in recessione.
La fotografia è quella autorevole e scattata dal consueto rapporto sull’economia della Banca d’Italia, presentato ieri mattina nella Prefettura del capoluogo di provincia da Stefano Filippi, capo della filiale di Campobasso e Marco Manile, della filiale della Banca d’Italia di Campobasso. A fare gli onori di casa il prefetto Gabriella Faramondi, in procinto di assumere un prestigioso incarico al Dipartimento di pubblica sicurezza come disposto nel corso del Consiglio dei ministri lunedì sera (vedi altro articolo, ndr).
Non splende propriamente il sole sull’economia regionale, quindi: dopo la crisi sanitaria, è arrivata quella economica legata agli effetti della pandemia ma il Molise ha mostrato incoraggianti segnali di ripresa. Poi l’inflazione, l’aumento delle materie prime, la guerra tra Russia e Ucraina, il caro bollette e le aziende, messe in ginocchio dal combinato disposto di queste variabili, hanno rallentato la marcia mostrando segni di indebolimento.
Regge il comparto delle costruzioni e dell’edilizia, per l’effetto trainante dei bonus. Soffrono, di contro, le imprese energivore, alle prese con gli aumenti e il caro bollette che ovviamente penalizzano alcune scelte aziendali.
«Nel 2022 – si legge nel rapporto della Banca d’Italia – è proseguito in Molise il recupero dell’attività economica dopo il forte calo dovuto alla crisi pandemica ma sono evidenti, nel corso dell’anno, i segnali di un progressivo indebolimento. Come nel resto del Paese, l’espansione della domanda interna ha perso slancio, frenata dalle crescenti spinte inflazionistiche e dal contestuale deterioramento del clima di fiducia di famiglie e imprese. Le vendite all’estero, dopo la sensibile crescita degli anni precedenti, sono tornate a diminuire per effetto del calo nel settore automobilistico, solo in parte compensato dalle maggiori esportazioni di prodotti alimentari e chimici. Sull’evoluzione a breve termine del quadro congiunturale regionale continua a pesare l’elevata incertezza connessa con l’evolversi del conflitto in Ucraina e le sue conseguenze in termini di costi e di disponibilità dei beni energetici. Nel settore industriale rilevata una prevalenza di aziende che hanno accresciuto il fatturato e le ore lavorate nei primi nove mesi dell’anno, sebbene meno accentuata nel confronto con il 2021. L’impatto dei rincari energetici sui costi di produzione è stato rilevante, con diffuse ricadute soprattutto in termini di aumento dei prezzi; permangono inoltre le difficoltà di approvvigionamento di input essenziali ai processi produttivi, segnalate da oltre la metà delle aziende rilevate. La spesa per investimenti industriali è stata più sostenuta di quanto programmato al termine dello scorso anno, anche per l’aumento dei prezzi dei beni acquistati; nei piani degli imprenditori per il 2023 i livelli di spesa dovrebbero ridursi solo leggermente, continuando a beneficiare anche degli incentivi previsti dal Pnrr».
Scendendo nel dettaglio del rapporto sull’economia regionale, come detto, le attività delle costruzioni hanno continuato a crescere su valori ben al di sopra di quelli precedenti la pandemia, anche grazie al diffuso utilizzo degli incentivi alla riqualificazione. Nel settore delle costruzioni i livelli di attività hanno raggiunto valori ben al di sopra di quelli precedenti la crisi pandemica. Secondo i dati forniti dalle casse edili molisane, nei primi otto mesi dell’anno il numero delle ore lavorate i regione è aumentato del 34% rispetto allo stesso periodo del 2021 e del 64% nel confronto con il corrispondente valore del 2019; l’espansione è stata particolarmente accentuata nel primo trimestre dell’anno, per poi attenuarsi gradualmente nei mesi successivi, pur mantenendosi su valori al di sopra di quelli del triennio precedente.
Nei servizi privati, le attività turistiche e commerciali sono state sostenute dalla tenuta delle presenze nelle strutture ricettive regionali, stabilizzatesi su livelli superiori a quelli precedenti la pandemia, e dall’ulteriore recupero dei consumi delle famiglie, seppure in rallentamento anche per via della significativa crescita dell’inflazione. La redditività delle imprese ha iniziato a risentire, nell’opinione degli imprenditori, delle pressioni al rialzo sui costi di produzione; l’accumulazione di riserve liquide, rimaste su livelli elevati, ha sensibilmente rallentato rispetto al biennio precedente. Le condizioni del mercato del lavoro sono migliorate, grazie alla crescita nel primo semestre dell’anno dei livelli occupazionali e del tasso di partecipazione. Tra gennaio e agosto le attivazioni nette di posizioni lavorative alle dipendenze hanno continuato ad aumentare in misura rilevante, mostrando tuttavia nei mesi estivi un rallentamento più marcato rispetto allo stesso periodo del 2021; tra le nuove posizioni lavorative sono ancora prevalse quelle a tempo determinato, seppure in misura meno pronunciata nel confronto con l’anno precedente, mentre hanno ripreso a crescere le attivazioni nette con contratti a tempo indeterminato. Il ricorso agli ammortizzatori sociali si è sensibilmente ridotto ma su un livello che resta storicamente elevato. Secondo i dati della rilevazione sulle forze di lavoro dell’Istat, nella media del primo semestre del 2022 il numero di occupati è cresciuto dell’1,6 per cento rispetto allo stesso periodo del 2021 (3,6 e 4,1 per cento, rispettivamente, in Italia e nel Mezzogiorno), collocandosi però su un livello ancora inferiore di quasi 5 punti percentuali nel confronto con il corrispondente valore del 2019.
Nel mercato del credito sono emersi primi segnali di aumento dei tassi di interesse mentre si è rafforzata la crescita dei prestiti al settore privato non finanziario: ha influito il forte afflusso dei finanziamenti al settore produttivo, soprattutto nel comparto manifatturiero, e l’accelerazione del credito al consumo e dei mutui per l’acquisto di abitazioni, anche in connessione con la marcata espansione del mercato immobiliare residenziale.
L’indice dei prezzi al consumo, in regione, è aumentato a settembre del 7,7% rispetto a 12 mesi prima (8,9 in Italia), raggiungendo valori più elevati per le voci di spesa destinate ai consumi di prima necessità, con ricadute relativamente maggiori per i nuclei familiari a basso reddito. Secondo le previsioni di Svimez elaborate ad agosto, i consumi delle famiglie molisane, misurati in termini reali, continueranno a crescere nel 2022 ma in sensibile rallentamento rispetto all’anno precedente e con una intensità ancora inferiore alla media nazionale. Su tale andamento peserebbero il deterioramento del clima di fiducia e il marcato aumento dei prezzi al consumo. I prezzi dei beni alimentari, che pesavano nel 2021 per quasi un quarto della spesa totale, sono cresciuti del 10,8 per cento, i costi del trasporto del 7,6 e quelli per l’abitazione e le utenze del 36,8; tra questi ultimi, i costi dell’energia elettrica, del gas e degli altri combustibili sono aumentati dell’80,5 per cento (77,4 in Italia).
Nei primi mesi del 2022, infine, i depositi bancari detenuti dalle famiglie e dalle imprese molisane sono ancora cresciuti, sebbene in marcato rallentamento rispetto allo scorso anno. Tra dicembre e giugno, il tasso di crescita sui dodici mesi è passato dal 6,0 al 2,8 per cento Per le famiglie la crescita dei depositi è scesa dal 3,9 al 2,1 per cento, risentendo del rallentamento dei conti correnti e della sostanziale stabilizzazione dei depositi a risparmio.

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