È il primo agosto del 2014, un giorno dal cielo terso e senza nuvole. Il caccia monoposto Amx dell’Aeronautica Militare, decollato da Pratica di Mare e diretto a Istrana, in provincia di Treviso, vola alto in quel cielo azzurro e, intorno alle nove e mezza del mattino, si schianta tra gli alberi di Castiglione di Carovilli. Prende fuoco, a meno di un chilometro dal centro abitato. Il pilota, capitano dell’Aeronutica Militare, riesce a salvarsi lanciandosi con il paracadute. Il collaudatore di caccia, originario proprio di Carovilli, all’epoca aveva 35 anni. Ricoverato subito al Veneziale con lievi escoriazioni e qualche ustione al viso, viene trasferito con un elicottero all’ospedale militare di Roma. Incidente, avaria al motore, l’ipotesi di un inchino in volo per salutare la comunità: tante le prime ipotesi sulle cause dell’incidente. E poi, la domanda delle domande: perché, invece di puntare direttamente verso il nord-est del paese, il capitano decide di far rotta verso sud-est, fino in Molise? Il caso diventa oggetto di un giudizio penale militare, definito con sentenza di condanna passata in giudicato per inosservanza di istruzioni ricevute aggravata e peculato militare aggravato e di un processo penale ordinario, con una condanna (non definitiva) per disastro colposo. E anche la Corte dei Conti definisce il giudizio con la sentenza numero 3 del 2020. «Danno all’erario da risarcire in complessivi 300mila euro, comprensivi di rivalutazione monetaria». E poteva andare molto peggio se i magistrati contabili avessero aderito al criterio di quantificazione del danno proposto dal collega requirente che ha richiesto oltre 3 milioni e 700mila euro, cifra calcolata sommando il valore reale del velivolo (limitatamente alla parte non ancora oggetto di ammortamento), il valore del carburante, il costo di rimozione dei resti, il danno da disservizio determinato sulla base degli importi della retribuzione corrisposti al militare nel periodo di assenza dal servizio. Quel giorno il capitano, «in difformità rispetto a quanto previsto dal piano di volo – si legge nella relazione del presidente della Corte dei Conti del Molise, Tommaso Viciglione illustrata ieri nel corso della cerimonia di inaugurazione dell’anno giudiziario 2021 – aveva seguito una traiettoria parzialmente autonoma e, a seguito dell’esecuzione di alcune manovre acrobatiche a bassa quota, il velivolo era precipitato su una collina nei pressi di un insediamento urbano, andando completamente distruttoۜ». In sede di audizione il pilota non convince i magistrati, motivo per il quale la Procura contabile lo porta in giudizio «ravvisando la sussistenza, nella fattispecie in esame, del complesso degli elementi costitutivi della responsabilità amministrativa». La documentazione parla chiaro: discrepanza tra le indicazioni contenute nel piano di volo comunicato agli enti di controllo e il luogo dove cade il caccia; incoerenza tra le intenzioni comunicate dal pilota agli enti del controllo del traffico aereo e quello che invece è riportato sulla pianificazione di rotta, dalla quale emerge che verosimilmente il pilota aveva programmato di portarsi in volo su Carovilli. Nessun evento meteorologico avverso, nemmeno traffico aereo concomitante che avrebbe potuto costringerlo a cambiare rotta. E poi l’ulteriore violazione dei doveri di servizio: la decisione di effettuare «due manovre denominate ‘John Derry Roll’, consistenti in “virate effettuate passando attraverso una condizione di volo rovescio, di fatto acrobatiche anche se non espressamente definite tali in alcuna direttiva, tipiche delle manifestazioni di presentazione in volo degli aeromobili, ma non contemplate nell’esecuzione di una missione di collegamento». Una condotta in violazione degli ordini militari ricevuti (il cosiddetto piano di volo), «effettuando, nel territorio del paese natio, una manovra acrobatica non consentita (quanto meno in quella sede, trattandosi di un mero volo di collegamento) e attuata con superamento dei limiti operativi del velivolo». La condanna della Corte dei Conti, per 300mila euro, si basa anche sull’assunto che il pilota abbia evitato, con le sue manovre, di impattare sulle abitazioni, «esponendo così a rischio la propria incolumità personale». E nella valutazione complessiva sono stati valorizzati i suoi precedenti di carriera, il profilo soggettivo che «contribuisce a ricondurre i fatti di causa, pure oggettivamente di notevole gravità, nell’alveo di una condotta occasionale di esibizione di una malintesa esuberanza militaresca, che il Collegio non ritiene giusto segni in maniera sostanzialmente irreversibile, attraverso una ingentissima condanna risarcitoria (che peraltro si aggiungerebbe alle condanne penali già riportate), la situazione economico-esistenziale dell’ufficiale».
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