Venticinque chilometri. La distanza che separa la vita e la morte, forse.
Lo stabiliranno le indagini avviate sul caso del decesso del 76enne, morto a 500 metri dal Veneziale mentre aspettava l’ambulanza partita da Venafro e che avrebbe dovuto soccorrerlo.
Quaranta minuti, tanto avrebbe impiegato il mezzo di soccorso per raggiungere Pasquale Cifelli quando, purtroppo non c’era più nulla da fare.
L’uomo è morto su un marciapiedi, a mezzo chilometro dall’ospedale dal quale era uscito da poco. E, in quei momenti, nessuna ambulanza era disponibile al Veneziale.
Una storia dolorosa, tragica ed emblematica. Che reclama chiarezza.
E sarà la Procura, che avrebbe aperto un fascicolo per omicidio colposo, a stabilire se ci siano o meno responsabilità e in capo a chi in merito al decesso del 76enne originario di Guasto, piccola frazione di Castelpetroso, deceduto nei pressi del Veneziale dove si era recato, nel pomeriggio, a causa di una difficoltà respiratoria.
La famiglia del 76enne si è rivolta subito ad un legale. «Nell’immediatezza degli eventi – ha spiegato l’avvocato Elena Bertoni che assiste i familiari dell’uomo – abbiamo provveduto a sporgere regolare denuncia in questura per capire cosa sia realmente accaduto. La documentazione sanitaria è stata sequestrata e la salma al momento è a disposizione dell’autorità giudiziaria. Siamo in attesa degli eventi».
Pasquale Cifelli, secondo fonti bene informate, si sarebbe recato al Pronto soccorso del Veneziale perché avvertiva una difficoltà respiratoria. Non è solo, ci sono alcuni familiari che lo accompagnano nel nosocomio dove sarebbe entrato intorno alle 15 di giovedì. Dopo essere stato visitato, all’uomo sarebbe stata diagnosticata una bronchite acuta.
I suoi familiari attendono notizie e, dalle informazioni apprese, intorno alle 18 vengono avvisati che il loro caro sarebbe stato dimesso di lì a poco. Sembrerebbe che sia stata consegnata loro anche la documentazione relativa all’accesso e alla dimissione dal Pronto soccorso.
Ma del 76enne si perdono le tracce: i familiari sono convinti che sia dentro, sono nella sala d’aspetto del tutto ignari di quello che stava avvenendo in quei minuti mentre, probabilmente attraverso un percorso secondario, il 76enne usciva dall’ospedale dirigendosi verso il parcheggio della Sati: per motivi al momento sconosciuti, si sarebbe accasciato a terra privo di sensi sul marciapiede che costeggia via Sant’Ippolito, a 500 metri dall’ospedale.
I passanti, gli automobilisti, notano l’uomo e allertano i soccorsi: una infermiera libera dal servizio gli pratica il massaggio cardiaco, arriva anche la Volante della Questura.
Minuti concitati, uno dei presenti decide di correre in ospedale – che è a due passi – per chiedere aiuto ma né medici né paramedici, però, sono autorizzati ad allontanarsi dal reparto per prestare soccorso.
I familiari dell’uomo sono ancora lì, nella sala d’attesa, che aspettano che il loro caro venga dimesso mentre, in un terribile destino, sta morendo nel parcheggio, in attesa di una ambulanza che deve arrivare da Venafro e giungerà in via Sant’Ippolito solo dopo 40 minuti perché quella di stanza al Veneziale è impegnata su due codici rossi: uno a Chiauci, l’altro nella zona dell’Acqua Sulfurea.
Quaranta minuti dopo, così raccontano alcuni testimoni, dalla prima richiesta di intervento. L’uomo lotta contro la morte sul marciapiedi a 500 metri dall’ospedale dal quale è appena uscito. Quando l’ambulanza arriva, sarà troppo tardi.
Pasquale perde la vita mentre intorno si tenta con ogni mezzo di rianimarlo.
Muore a 500 metri dall’ospedale, aspettando un’ambulanza che deve percorrere 25 chilometri per raggiungerlo.

 

Elena Bertoni, il legale che assiste la famiglia

 

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