«Questa mattina non mi son svegliata e l’invasore ce l’avevo in casa. Inseguita, controllata, minacciata nel tossico vestito dell’amore». Un pugno allo stomaco. Delle tredici canzoni urgenti del nuovo album di Vinicio Capossela, “La cattiva educazione” è quella che ha il più alto immediato impatto emotivo.
Dentro, c’è l’urgenza di raccontare la violenza di genere, che non è solo quella degli stupri di Caivano e, prima, di quello di Palermo. Ha mille sfumature, una più inquietante dell’altra. Volti di mariti, compagni o ex che diventano carnefici. «Non c’è niente che dobbiamo pensare che non ci riguardi», ha detto il cantautore in una incontro stampa via Zoom organizzato per presentare il tour partito da Carpi l’8 ottobre e che toccherà giovedì 2 novembre il Molise con il live all’Auditorium di Isernia (alle 21). «Ci sono cose per cui diciamo: non ci sono parole. Invece le parole bisogna trovarle perché è proprio nell’isolamento che maturano queste mostruosità», ha aggiunto Capossela.
“Tredici canzoni urgenti”, vincitore della Targa Tenco come Miglior Album in assoluto, è un disco che nasce, appunto, dalla voglia impellente di interpretare e dare voce ai problemi più stringenti del momento storico che stiamo vivendo: la violenza di genere, la cattiva educazione alle emozioni, l’abbandono scolastico, la delega da parte degli adulti all’intrattenimento digitale in cui versa l’infanzia, la cultura usata come mezzo di separazione sociale, il carcere inteso come reclusione senza rieducazione, il parossismo consumistico generato dal capitalismo predatorio.
A un mondo sprofondato sul divano Capossela vuol dare la scossa per alzarsi. «In giorni come questi, con quel che sta avvenendo in Medio Oriente, ma anche in Nagorno Karabakh, c’è una quantità di conflitti spaventosa, non abbiamo una indignazione che produce reale cambiamento, Le tredici canzoni urgenti rispondono a questo senso di frustrazione».
Il tour nei teatri, ha spiegato ancora il cantautore, è un modo per provare a indignarsi insieme.
In Molise Capossela arriva a metà del “cammino”.
«Il Molise mi è familiare. A parte per l’amicizia con Elio Germano, io sono veramente contento di andare in Molise. Ho suonato anni fa a Campobasso e in altri luoghi della regione, ma è la prima volta che suoniamo a Isernia e sono felice del fatto che finalmente abbiamo una data in questa città». Tedesco di nascita (Hannover), irpino d’origine: il padre, Vito, è di Calitri (dove da dieci anni l’artista organizza lo Sponz Fest), la madre, Antonietta, di Andretta. Le piccole dimensioni e la marginalità le conosce e le riconosce: «Amo moltissimo le aree interne e i buchi demografici. Sono convinto che il vuoto può essere una risorsa, a patto che non lo si trasformi in degrado». Quindi, un paragone con la “sua” Campania: «Sono situazioni che conosco molto bene perché non sono cresciuto in Irpinia però ci sono andato da adulto, prendendo una casa in un paese quasi abbandonato, proprio perché questo essere un po’ fuori dalla storia pone anche un po’ al riparo della storia e io personalmente ne ho tratto giovamento e ho scoperto che anche nel piccolo si cela il gigantesco, ma a patto di dargli tempo. Nei luoghi di rarefazione demografica c’è una dimensione completamente diversa a livello temporale e spesso un contatto più aperto con gli elementi naturali, penso ad esempio al cielo. Puoi fermarti davanti a grandi bui e grandi silenzi e questi sono proprio i luoghi dove l’assedio della contemporaneità e la dittatura dell’attualità cessano e ci si pone in contatto con un tempo molto diverso che è il tempo della civiltà della terra. È proprio un mondo altro».
Abruzzo, Molise, Irpinia, Sannio Pollino: a unire questi luoghi anche assonanze linguistiche: «È come se la transumanza avesse portato con sé tutto un lessico e un carattere con cui sento molta familiarità».
Aree «che sono state sempre un po’ fuori dalla storia, ora – la sua chiosa ancora sulla necessità di indignarsi – nessuno è al riparo dalla storia». Ma non è solo un tema del Molise o dell’Irpinia, ha ribadito, «il divano è occidentale». Come canta in una delle tredici canzoni urgenti.
Il viaggio di Capossela nei teatri attraverserà fino al 30 dicembre tutta la Penisola, toccando 30 città,
durante il quale l’artista prenderà per mano il suo pubblico guidandolo tra parole e musica attraverso le tracce dell’ultimo lavoro. Un disco che, oltre a toccare tematiche sociali e legate all’attualità come forse mai prima nella carriera di Capossela, si traduce in un tipo di esecuzione che esalta le parole, per ascoltare nella pulizia dell’espressione musicale la loro importanza. Oltre alle “Tredici canzoni urgenti”, ci sarà spazio per alcuni dei più preziosi brani del suo ampio repertorio. Ad accompagnarlo sul palco, Andrea Lamacchia al contrabbasso, Piero Perelli alla batteria, Alessandro “Asso” Stefana alla chitarra, Raffaele Tiseo al violino, Daniela Savoldi al violoncello, Michele Vignali al sassofono.

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