Una notizia triste per tutti coloro che nella termolesità ravvisano un valore autentico e in generale per chi apprezza virtù culturali e letterarie. Si è spento ieri, dopo una malattia fulminante che lo aveva minato negli ultimi mesi, Nicolino Di Pardo, cantore del vernacolo termolese e pittore di razza. Sovente e sempre con estremo piacere abbiamo pubblicato contributi di Nicolino, attraverso cui esprimeva tutto l’amore per la città di Termoli. Se ne va un personaggio, un protagonista della pagina culturale della nostra storia recente. Non possiamo che esprimere un profondo cordoglio alla famiglia, ma tutta Termoli è in lutto. L’ultimo saluto questa mattina alla Cattedrale, nel borgo antico che tanto amava. Per ricordarlo, abbiamo scomodato Michele Trombetta. «Una storiella termolese durante la veglia funebre: “un marito piangeva o sembrava farlo per la morte della consorte, ma in realtà frignava per via di un gatto che andava sotto il feretro, dove il marito, colto all’improvviso dalla morte della moglie mentre stava mangiando delle succulenti triglie, aveva nascosto il piatto e facendo finta di piagnucolare, vedendo il gatto che andava e veniva da sotto il letto di morte per mangiarsi le ottime triglie, diceva: “Ah mort’ cane, ti sti carianne a une a une”. E adesso nell’occasione della morte di un altro cultore della termolesità come Nicolino Di Pardo, dopo che negli ultimi tempi abbiamo dovuto salutare molti dei nostri concittadini, non ultimo Dani Caruso, non sappiamo più cosa dire. Sembra ieri di vederlo andare in giro con la sua bicicletta bianca un po’ sgangherata per le vie del centro, sembra ieri che mi faceva accomodare tutte le volte nel suo atelier di via Pilla dove custodiva, nel suo ordinato disordine, tutti i suoi tesori di artista come quadri, manoscritti e tanto altro ancora per un animo davvero eccezionale come il suo. I suoi dipinti sono stati molto quotati negli anni e a maggior ragione, siamo sicuri, che lo saranno ancora. “Nicolino, adesso ci mancherà quel tuo singolare fare sornione, tu che come pochi sapevi declamare il termolese verace. Chi dimenticherà quelle registrazioni fatte nel tuo studio sulle milonghe mangerecce, ecc. Sei stato un uomo quantomeno originale anche con tutti i difetti di questo mondo, ma con un pregio, quello di essere sempre genuino; sembravi lontano da tutto e da tutti però ..i fatt e i fattarill’, i tavitt’ termelise i velive sapè e sapive raccuntè’ . Passerò per un attimo davanti alla porta del tuo atelier dove, con la tua proverbiale termolesità, quando dovevi andare in giro e volevi far sapere ai tuoi potenziali visitatori che saresti tornato di lì a breve, lasciavi non il classico dei cartelli, ma un più simpatico “mo revengh!”. Allora io passerò ancora da quelle parti e ti aspetterò, con la speranza che “mo areviii Nicolì!”».

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