Sceglie il silenzio Pietro Ialongo, il 38enne accusato di omicidio aggravato che ieri non ha proferito parola nel corso dell’interrogatorio di garanzia. Atteggiamento completamente opposto al fiume in piena che ha travolto gli inquirenti subito dopo il suo arresto. Quando ha reso una confessione piena, dettagliata, certificata anche da quel biglietto quasi di scuse, forse indirizzato ai suoi familiari, al papà e al fratello di Romina.
«Non volevo ucciderla, io l’amavo». Ieri mattina, davanti al gip Giuseppe Cario del tribunale di Latina, Pietro Ialongo ha scelto di avvalersi della facoltà di non rispondere. Il fermo è stato convalidato, però. Resta in carcere. Martedì, davanti al pm Lazzaro, ha raccontato la sua verità.
LA CONFESSIONE. Un litigio banale, finito con un omicidio. È una sorta di resa, di fronte all’evidenza dei fatti. «Abbiamo litigato per niente, l’ho presa al collo, l’ho strattonata e l’ho ammazzata». Novanta minuti nel corso dei quali, come riporta la Repubblica, il 38enne avrebbe raccontato della sua ossessione per Romina, delle pressioni psicologiche, dei litigi. Avrebbe ammesso la sua gelosia malata nonostante la invitasse a fare nuove amicizie: i due, a lungo fidanzati, ormai non erano più una coppia anche se vivevano ancora sotto lo stesso tetto. Aveva anche un quadernone, Pietro. Annotava ogni particolare di quell’amore ormai finito, ma non per lui. Ogni litigio, ogni discussione. «Volevo lo vedessero i miei genitori, che hanno sempre sostenuto Romina», avrebbe detto agli inquirenti. «L’ho uccisa con le mani e alla fine con il coltello che mi aveva regalato a Parigi. Io avevo la mania da quando ero bambino di portarmi dietro il coltello» avrebbe detto agli inquirenti. L’attesa di Romina che rientra in casa, l’aggressione all’ingresso dell’appartamento, dove poi il corpo è stato rinvenuto, la disperata difesa della donna. Le mani strette intorno al collo, la percezione del suo respiro, la paura di una denuncia, la decisione di accoltellarla. «Forse è stato il modo in cui mi parlava ad avermi innervosito» avrebbe poi ammesso. E poi la fuga in macchina, i tentativi di uccidersi. «Mi sono messo delle fascette al collo e ho iniziato a tagliarmi con il coltello sulle braccia, mi sono buttato con la testa nel fiume Sacco». Tentativi falliti, come quello di buttarsi in mare a Sabaudia dove è stato intercettato dai Carabinieri.
I TIMORI DELLE FAMIGLIE. Emergono alcuni dettagli circa le preoccupazioni dei familiari dei due giovani. La situazione potrebbe essere precipitata proprio negli ultimi giorni della scorsa settimana. Forse proprio venerdì, il giorno in cui Romina ha comunicato ai suoi colleghi del bar che lasciava l’impiego, che sarebbe tornata a casa, a Cerro al Volturno. Dove era attesa per lunedì. E i genitori di Pietro che arrivano a Frosinone il 25 aprile, come raccontano ancora i colleghi di Romina, intrattenendosi al bar assieme al figlio. E ancora, la decisione del papà di Pietro che ritorna a fine mese e resta a dormire a Frosinone, in quella casa di via del Plebiscito dove la coppia viveva da separati in casa. E ancora una telefonata di Romina al papà che lo aveva impensierito. Sensazioni, di quelle che i genitori avvertono nitidamente quando i figli sono in pericolo? La presa di coscienza che l’ossessione di quel figlio non era più comprensibile, non più annoverabile nel dolore di un uomo che soffre per amore? Oppure il desiderio di rassicurarlo, di placarlo visto che anche le uscite di Romina con il nuovo compagno erano motivo di screzi, litigi, urla? Sembra cominci a sgretolarsi anche il silenzio dei vicini di casa, qualcuno potrebbe aver deciso di farsi avanti per raccontare di quei litigi, che superavano le mura della casa di via del Plebiscito e forse spaventavano chi era costretto ad ascoltarli suo malgrado.
LA DIFESA. L’avvocato che assiste Pietro Ialongo solleva eccezioni proprio sulle modalità con cui si è arrivati alla prima confessione, quella resa martedì sera. «In quei primi momenti – dichiara Vincenzo Mercolino – il mio assistito non era certamente in grado di sostenere un interrogatorio, che si è svolto senza nemmeno avvisare i familiari. Ialongo era nudo, scalzo, digiuno: una situazione che va ad inficiare non tanto il ricordo, quanto l’importanza delle dichiarazioni rese in quel momento».
LA PARTE CIVILE. Danilo Leva, avvocato scelto dalla famiglia De Cesare, è alle prese con tutti gli adempimenti che il caso richiede. Di rientro da Frosinone ieri pomeriggio ha voluto solo concentrarsi su quel papà e quel fratello che non riescono a darsi pace. «La famiglia non cerca vendetta – spiega il legale – ma risposte al dolore straziante nel quale è avvolta. Il papà fatica anche a parlare…».
L’AUTOPSIA. Cominciata ieri intorno alle 13, dopo gli adempimenti compiuti in mattinata -quando è stato conferito l’incarico ai medici legali indicati dalla Procura, il dottor Gabriele Margiotta e la dottoressa Maria Cristina Setacci -, l’autopsia sul corpo della 36enne è terminata intorno alle 17. Per la famiglia De Cesare era presente il medico legale e perito di parte, il dottor Nicandro Buccieri. La famiglia Ialongo non ha nominato alcun perito. Serviranno 20 giorni per la relazione preliminare, sessanta per le risultanze dell’autopsia che dovrà chiarire le cause della morte violenta della 36enne.
I FUNERALI. È il giorno del dolore, dello strazio che accompagnerà Romina nel suo ultimo viaggio. Nel pomeriggio, nella chiesa dei santi Pietro e Paolo, alle 16, il rito funebre per dire a quella ragazza solare ed educata, vittima di femminicidio. Il sindaco ha proclamato il lutto cittadino. Bandiere a mezz’asta, saracinesche abbassate e di certo l’intera comunità che si stringerà al padre e al fratello di Romina, una famiglia che oggi soffre un dolore lancinante dopo aver dovuto accettare anche quello per la morte della mamma, qualche anno fa. E domani, il paese sarà attraversato dalla fiaccolata in onore della 36enne, vittima di femminicidio: per lei, da quanto si è appreso, sarà installata una panchina rossa nel centro del paese.

ls

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