Venafro e Pozzilli si sono risvegliate ieri (in realtà il blocco è scattato nella serata di sabato) praticamente imprigionate, come in uno stato di guerra. Check point presidiati dalle forze dell’ordine agli ingressi e all’uscita del territorio. Questa è la zona rossa: non si entra né si esce salvo casi particolari e documentati.
L’ordinanza numero 10 firmata l’altra sera dal presidente della giunta regionale del Molise parla chiaro: posso passare soltanto gli operatori sanitari e socio-sanitari, il personale impegnato nei controlli e nell’assistenza alle attività relative all’emergenza nonché gli esercenti le attività consentite sul territorio e quelle strettamente strumentali alle stesse, comunque con obbligo di utilizzo di dispositivi di protezione individuale.
A titolo esemplificativo, considerate le numerose richieste giunte anche alla nostra redazione, va detto che una persona di Venafro o di Pozzilli che lavora fuori dai due comuni se non rientra nella categoria “degli operatori sanitari e socio-sanitari, del personale impegnato nei controlli e nell’assistenza alle attività relative all’emergenza”, non può lasciare la zona rossa, cioè non può uscire dal “territorio”. Questa almeno è la versione avallata dalla stessa Regione Molise.
Ieri, intanto, è emerso un altro caso positivo di un paziente Neuromed sugli ultimi 5 tamponi effettuati, facendo così salire il computo a 10 (9 gli attuali contagiati considerato che il primo ricoverato è morto). La preoccupazione nei due centri è altissima, anche perché lo stesso governatore, nell’ordinanza, ha spiegato che «sussiste il pericolo che il contagio abbia interessato un elevato numero della popolazione presente sui territori» di Venafro e Pozzilli. Questo perché «la numerosità dei pazienti Covid positivi di Neuromed può configurare l’esistenza di un cluster epidemiologico con potenziale coinvolgimento anche del personale di assistenza». Personale che per la gran parte – come scritto ieri da queste stesse colonne – risiede nei territori di Pozzilli (7) e Venafro (22). La zona rossa è stata però dichiarata a scopo precauzionale poiché, tra le altre cose, «un’indagine epidemiologica esaustiva, in relazione a tutti i soggetti potenzialmente contagiati, non può essere condotta in tempi brevi». Comunque, è scritto nero su bianco che «la situazione che vede coinvolti i cittadini dei Comuni di Venafro e Pozzilli risulta di particolare gravità, tenuto conto dell’alto rischio di ulteriore e progressivo incremento che potrebbe determinare un grave ampliamento dei focolai di infezione anche all’esterno dei predetti territori». Intanto gli avvisi dei sindaci che invitano a mettersi in contatto con i rispettivi comuni e con il medico curante per segnalare un contatto con il Neuromed nelle ultime due settimane si sono estesi in tutta la provincia di Caserta e anche nel basso Lazio.
Il governatore Toma in ogni caso ha escluso la possibilità e volontà di chiudere l’Istituto di Pozzilli poiché gli ospedali in questo momento più che mai vanno tenuti aperti, ha sottolineato. La sindaca Stefania Passarelli ha invece auspicato un trasferimento a Campobasso dei pazienti positivi in modo da permettere al più presto, dopo una sanificazione, la ripartenza del Neuromed. Il primo cittadino di Venafro ha invece ribadito come a suo dire l’Irccs andasse chiuso sin da subito per la sanificazione e le dovute verifiche del caso.
Sia come sia, la preoccupazione è tanta. E sui social le persone non la nascondono affatto. Anzi. C’è chi scrive «Non capiscono che la gente ha paura e vuole sti’ cavolo di tamponi… Abbiamo bimbi a casa…» e chi va oltre: «Cosa ci state nascondendo?». C’è pure chi poi invita a riflettere: «Non è normale una zona rossa con numero di contagi dichiarato così basso!».
La Passarelli, dal canto suo, ha fatto sapere di aver subìto la decisione della zona rossa ma ora, in ogni caso, «il personale sanitario e socio sanitario impegnato nell’assistenza della struttura Neuromed iscritto nell’elenco Neuromed e trasmesso alla Regione, è obbligato ad avvisare i familiari conviventi di osservare il periodo di quarantena. Se i familiari del personale socio sanitario non osservano la quarantena sanno denunciati all’autorità competente», ha avvisato la sindaca.
In attesa dei tamponi, almeno ai medici dell’Irccs presenti nell’elenco degli 85 e che hanno manifestato sintomi, l’invito anzi praticamente l’obbligo per tutti è di restare a casa. Sempre più persone ormai si aspettano il “peggio”. Adesso è il tempo dell’emergenza, per fare i “conti” su come sia stata gestita la situazione ci sarà tempo dopo, come ha ‘minacciato’ Alfredo Ricci. A Venafro, e non solo, monta sempre più l’onda di chi vuole la riapertura del Ss Rosario. I cittadini chiedono che venga garantito il diritto alla salute ora più che mai che c’è una condizione di «pericolo di contagio» come dichiarato dal governatore Toma. Ma i venafrani, ed in primis il comitato Ss Rosario, non vogliono che l’ospedale venga utilizzato soltanto in questa fase di emergenza bensì che venga reso nuovamente funzionale.
Intanto, proseguono nei vari comuni della Valle le sanificazioni del territorio: a Castel San Vincenzo si procederà nuovamente oggi alle 21 «a causa della evoluzione della situazione epidemiologica relativa al Covid-19».

Pr

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