«Tumore maligno alla mammella». È l’escamotage, una diagnosi finta, ideato da alcuni medici di chirurgia plastica per rientrare tra i livelli essenziali di assistenza a carico del servizio sanitario regionale. La paziente, infatti, è sana e viene operata solo per ragioni di natura estetica. «In quell’occasione i medici intervengono – secondo l’accusa – mettendo in coda nelle liste d’attesa pazienti davvero affetti da patologie serie». È quello che racconta, in un articolo di cronaca giudiziaria, il Corriere, sulle pagine di Roma. I reati contestati vanno dal peculato all’abuso d’ufficio al falso in atto pubblico. E implicato nell’inchiesta condotta dalla Procura capitolina anche un noto medico di origini agnonesi.
«Liste d’attesa manipolate per effettuare interventi di chirurgia estetica. Con un danno per i pazienti che, affetti da serie patologie, avrebbero dovuto essere invece operati con urgenza per il ripristino del loro benessere psicologico e fisico». Inizia così l’articolo di Giulio De Santis pubblicato sulle pagine della cronaca romana dal Corriere. È successo per anni, secondo la Procura di Roma, all’interno di un ospedale della Capitale, dove ora rischiano il rinvio a giudizio sette medici, tra i quali uno di origini agnonesi, accusati di «aver utilizzato le strutture del nosocomio a fini privati, violando protocolli ospedalieri e leggi regionali». I reati contestati vanno dal peculato all’abuso d’ufficio, al falso in atto pubblico. «Il pm ha chiesto di processare innanzitutto per il medico che, secondo la ricostruzione della Procura, ha eseguito il maggior numero di interventi privi dei requisiti previsti dal sistema sanitario regionale» continua il Corriere. Si tratta di un medico fino allo scorso ottobre responsabile del centro grandi ustionati e chirurgia plastica di quell’ospedale. «Il medico nel 2016 era finito ai domiciliari per reati analoghi, che lo vedono già ora sedere davanti a un giudice. Accuse che non gli hanno impedito di proseguire ad attingere alle risorse pubbliche dell’ospedale fino a giugno del 2018. Perché il medico, è scritto negli atti dell’inchiesta, ha utilizzato bisturi, aghi, disinfettanti e lampade operatorie per interventi che avrebbero dovuto essere svolti in uno studio privato. Dieci le operazioni contestate a partire dal 2015, che adesso dovranno essere esaminate nell’udienza preliminare. Sotto accusa anche il fratello minore del medico, dirigente medico nello stesso dipartimento guidato dal familiare. In due casi è accusato di aver assistito il fratello come aiuto chirurgo, mentre in un caso ha operato lui stesso facendosi supportare da un collega, – questi di origine agnonese – anch’egli dirigente nel centro grandi ustionati e chirurgia plastica».
Il medico originario di Agnone è nella lista degli imputati con le medesime accuse contestate ai due colleghi e fratelli. Nell’elenco compaiono anche altri medici accusati in particolare di «aver manipolato le liste d’attesa privilegiando pazienti privi dei requisiti previsti dalla legge». Tra le operazioni svolte senza il rispetto delle regole imposte a tutela dei casi urgenti, va menzionato un intervento effettuato nel 2016, presente in sala operatoria anche il medico agnonese. La paziente da operare viene ricoverata con la seguente anamnesi: «Tumore maligno alla mammella». «Un escamotage – scrive il Corriere – per rientrare tra i livelli essenziali di assistenza a carico del servizio sanitario regionale. La paziente, infatti, è sana e viene operata solo per ragioni di natura estetica. In quell’occasione i medici intervengono – secondo l’accusa – mettendo in coda nelle liste d’attesa pazienti davvero affetti da patologie serie».

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