Paolo Gabriele, l’ex aiutante di camera del Papa, è stato condannato a un anno e sei mesi di reclusione per furto aggravato di documenti riservati della Santa Sede. Dimezzata dunque la pena rispetto alle richieste dell’accusa che aveva chiesto tre anni. La difesa, invece, avrebbe voltuo la derubricazione da furto ad appropriazione indebita.
Paolo Gabriele, originario di Bagnoli del Trigno, aveva sottratto documenti privati del Pontefice che furono poi pubblicati su riviste e quotidiani italiani.
Il processo lampo è durato appena quattro udienze ed è tra i pochissimi che si sono conclusi con una condanna negli ultimi decenni in Vaticano.
Dopo le arringhe difensive, la domanda del presidente del Tribunale: “Lei è colpevole o innocente”.
Gabriele ha risposto: “La cosa che sento forte dentro di me è la convinzione di aver agito per amore esclusivo, direi viscerale, per la chiesa di Cristo e per il suo capo visibile. Se mi devo ripetere, non mi sento un ladro”.
Nell’enunciazione della pena, considerata mite rispetto, alle attese, si è tenuto conto del periodo di servizio precedente ai fatti contestati, dell’ammissione di aver danneggiato Ratzinger e delle motivazioni, sia pur erronee, che Gabriele avrebbe agito per il bene della chiesa.
Non essendoci un penitenziario in Vaticano, Paolo Gabriele passerà dai domiciliari ad un carcere della Penisola.
Il Papa ora potrebbe concedere la grazia anche in assenza di una richiesta formale “E l’eventualità è assolutamente concreta” precisa padre Lombardi, direttore della sala stampa vaticana.

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