Tutto secondo copione: le premesse della vigilia prevedevano nubi nere e burrasca e così è stato. In Consiglio regionale, con modalità miste di presenza (alcuni eletti in Aula con guanti e mascherina, altri collegati in videoconferenza dagli uffici di Palazzo D’Aimmo per consentire il mantenimento del distanziamento fisico) è piombata subito la questione azzeramento della giunta con qualche sorpresa dell’ultima ora. Vale a dire: il ricorso presentato da 2 dei quattro consiglieri surrogati (Scarabeo e Tedeschi) e ormai fuori dall’Assise, protocollato qualche minuto dopo le 8 di ieri mattina, e la nomina dell’assessore Maurizio Tiberio, oggetto del decreto 36 firmato ieri mattina dal presidente Toma.
L’Aula si è soffermata a lungo sulla questione più squisitamente politica, legata come è evidente alla decisione assunta dal governatore sull’azzeramento della giunta e al conseguente ritorno fra i banchi di via IV Novembre dei quattro ormai ex assessori che hanno ripreso il posto conquistato e occupato, fino a qualche giorno fa, dai surrogati Paola Matteo, Nico Romagnuolo, Massimiliano Scarabeo e Antonio Tedeschi. Michele Iorio e le opposizioni hanno chiesto, con forza, di fermare i lavori, convocare con immediatezza una conferenza dei capigruppo per consentire chiarimenti circa la legittimità della convocazione e delle modalità di svolgimento dei lavori. «Il Consiglio non può tenersi per le condizioni di dubbia legittimità – ha detto Iorio -: non sono un avvocato ma ritengo non sia sufficiente la nomina di un assessore per ritenere l’organo esecutivo perfetto, qualsiasi amministrazione ha bisogno di un numero non inferiore a tre. Ritengo che allo stato attuale sia dubbia la validità della seduta – ha rimarcato – rischiamo di andare incontro a contestazioni giudiziarie, si potrebbero creare situazioni di difficile gestione in danno delle iniziative che si devono predisporre nell’ambito economico e sanitario».
Patrizia Manzo, vicepresidente dell’Assemblea, ha ricordato il momento tutt’altro che semplice nel quale Toma ha deciso di azzerare la giunta e rimarcato come «la legge elettorale che noi non abbiamo votato sanciva un principio, quello della separazione dei poteri. Immagino che Toma voglia una maggioranza granitica per approvare il bilancio ma al potere esecutivo viene chiesto di esercitare il potere legislativo: fermiamo la macchina per dirimere queste questioni perché le istituzioni vanno rispettate». Dal Pd parole pesanti all’indirizzo del governatore quelle pronunciate dalla capogruppo Micaela Fanelli. «Despotismo, inadeguatezza, spregiudicatezza, protervia: mai raggiunto un livello così basso, un abisso politico e umano verso il mondo esterno e i quattro colleghi che saluto. Oggi Trump e Johnson sono stati superati dalla protervia di Toma sul piano etico e umano prima che giudiziario: il risultato sarà il ricorso perenne e l’esasperazione della conflittualità politica e sociale. Per questo porteremo in Aula la mozione di sfiducia, non ora ma il 5 maggio quando non saremo in emergenza. Oggi fermiamoci e capiamo se le procedure sono possibili, verifichiamo se tutto questo ha un senso che io non riesco a trovare».
Ma la pregiudiziale richiesta da Iorio non passa: la maggioranza ha fatto quadrato attorno al governatore e quindi via libera ai lavori. Prima la presa d’atto della revoca della supplenza e l’ingresso degli ex assessori Cavaliere, Di Baggio, Niro e Cotugno tornati consiglieri. Poi l’elezione dei segretari dell’ufficio di presidenza: Aida Romagnuolo sostituisce Paola Matteo in quota maggioranza, confermato Nola per le minoranze.
A seguire, l’ampia disamina del documento di economia e finanza affidata al presidente della prima commissione, Andrea Di Lucente che ha rimarcato il periodo nel quale è stato scritto il Defr, non ancora contestualizzato nella piena emergenza Covid. Ma «sono linee di indirizzo che restano, una base per rilanciare le aziende». Toma ha poi illustrato il piano Covid, sulla riprogrammazione dei fondi europei, una iniezione di liquidità da 58 milioni e sulle voci di finanziamento a sostegno delle aziende, del lavoro, delle famiglie. Un piano che nelle parole di Primiani (5s) è condivisibile anche perché «sono stati recepiti alcuni dei nostri suggerimenti». Il passaggio in Aula di Toma non sottende alcuna votazione: si tratta di una deliberazione amministrativa, attinente la programmazione dei fondi in una fase del tutto peculiare.
Sul Defr si è riaperta la ferita politica: scaramucce tra Cefaratti, Pallante e le minoranze su temi di politica nazionale, su mancati appoggi e collaborazioni che hanno fatto letteralmente inalberare la capogruppo dem che ha ricordato come, per il bene del Molise, non siano stati presentati emendamenti per consentire la speditezza dei lavori.
Alle 18.30, il voto: maggioranza compatta, no dei dem, Iorio astenuto. I pentastellati non partecipano. Dodici i sì che hanno segnato il varo del primo documento della manovra.
Ultimo atto del 20 aprile, l’approvazione a maggioranza del bilancio del Consiglio. I lavori riprendono stamattina.

 

 

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