Croce e delizia, si dice. Nella relazione della Corte dei Conti per la parifica del rendiconto della Regione, la sanità molisana del 2019 è solo croce: per la Regione, per l’Asrem. Di riflesso, e soprattutto, per i cittadini.
Che cosa sapevamo già? Che il disavanzo è tornato oltre il livello di guardia, 100 milioni circa dopo che nel 2018 al netto della copertura con le tasse era sceso a una quindicina. Che la Regione non ha trasferito ingenti somme, negli anni, al bilancio della sanità. Che l’Asrem ha chiuso il risultato d’esercizio a -109 milioni (dopo il pareggio del ‘18), frutto (dice la relazione del dg Florenzano che ha ereditato, analizzato e validato i conti maturati nell’anno in cui l’azienda è stata retta fino a settembre dal predecessore Sosto) di riduzioni e mancati trasferimenti dalla Gsa (la gestione finanziaria della direzione regionale Salute) e del fatto che l’azienda si è caricata, iscrivendoli a fondo rischi, di 39.6 milioni per il debito con l’Inps relativo ai contributi non versati dalle vecchie Asl dopo il sisma 2002. La sentenza della Cassazione ha chiuso i giochi, ma il debito grava sulle spalle della Regione e non dell’Asrem, come ha messo nero su bianco pure la magistratura erariale.
Che cosa abbiamo scoperto dal giudizio della Corte dei Conti? Intanto, con precisione qualche numero. Per il periodo 2015-2018 e in relazione alla fiscalità, risultano da trasferire 47.3 milioni alla sanità. Su questo fronte, c’è perfino una diffida del commissario Giustini. La Regione ha comunicato a fine 2019 di aver adempiuto per 32.8 milioni. Soldi che Regione non gira alla Gsa e che quindi non finiscono nelle casse dell’Asrem che eroga i servizi. I giudici di via Garibaldi hanno anche chiesto alla direzione Salute di delimitare il perimetro sanitario, che le Regioni devono garantire in maniera esatta per prevenire squilibri. Dai dati trasmessi non ricavano una «chiara determinazione» di questo perimetro. Anzi, segnalano incertezze sulla quantificazione degli importi Irap e Irpef, delle quote di imposta da destinare al finanziamento corrente e di quelle con cui coprire il pregresso.
Gsa nel mirino pure per un altro aspetto, quasi paradossale: ha pagato i fornitori in media dopo 125 giorni. Mentre l’Asrem, nel suo anno nero dal punto di vista finanziario, ha tagliato il traguardo dei 59 giorni (rispetto ai 182 del 2018). La dg Salute Gallo, in sede di controdeduzioni, ha spiegato che il peggioramento della sanità di via Genova è dovuto a decreti ingiuntivi relativi a crediti vantati addirittura da anni antecedenti al 2006. Elemento che la Corte ha censurato visto che per i debiti pregressi la Regione è commissariata e ha contratto prestiti pesanti anche per saldare i fornitori (a partire da quello di 297 milioni contratto nel 2005).
Il ‘rosso’ acceso del bilancio Asrem, certifica la Corte, è dovuto all’incremento dei costi di produzione dovuto, in primo luogo, all’accantonamento da 47.6 milioni di cui circa 40 per il debito con l’Inps. La Gsa – che fondamentalmente gestisce i rapporti con i due maggiori privati Neuromed e Cattolica – ha chiuso nel 2019 con un passivo di 10 milioni.
Infine, la riduzione del budget e il tetto all’extrabudget dei privati fissati con decreto dal commissario a febbraio. I privati hanno rifiutato di firmare i contratti e promosso contenziosi. Altra spada di Damocle per i conti della sanità già (di nuovo) disastrati.
Il primo passo, in una sede più che autorevole, di un’operazione verità per capire chi ha lavorato davvero al riordino e dove questo lavoro si è inceppato. Operazione necessaria perché ai tanti sacrifici degli ultimi anni – tasse, servizi tagliati e riqualificazione perfino ‘culturale’ della sanità regionale – è corrisposto il ritorno improvviso e inaspettato nel girone degli indebitati con tutto ciò che comporta. Inaccettabile contrappasso. Che il Molise non merita.

rita iacobucci

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