Non è contrario a trasformare il Vietri, casa della salute attualmente, in ospedale dedicato al Covid. Ma non è convinto della fattibilità. «Pensate se questo progetto, inserito nel piano che deve essere inviato a Roma entro il 17 giugno, venisse respinto. Mi dispiacerebbe. Io non contrasto nulla, ma non voglio poi dover disilludere le persone».
La prospettiva, spiega Donato Toma, è di superare il Covid con il vaccino, dunque a Larino si rischierebbe di realizzare «una cattedrale nel deserto». Il suo suggerimento, invece, che si augura il commissario Giustini raccolga e invii al Ministero per il finanziamento ai sensi del decreto Rilancio, è di attrezzare una struttura per il Covid accanto al Cardarelli, adattando quello che è noto come ‘hospice’ ma non è stato mai adibito a questo scopo: un corpo dell’edificio adiacente al presidio ospedaliero regionale, isolabile del tutto dal resto, e però vicino in modo da poter ricorrere a professionalità e macchinari utili alla cura della malattia causata dal Sars-Cov2. Prende così più corpo l’ipotesi della famosa ‘torre’ anticipata su queste colonne dal governatore.
Il presidente della Regione, in una video conferenza stampa, fa il punto sulla sua idea di sanità. «La gestione programmmatoria è stata accentrata dal governo nella mani di un commissario esterno per cui tocca a lui. Ma ritengo opportuno far sapere ai molisani qual è l’idea di questa amministrazione regionale. Insieme alla direzione Salute, sto predisponendo un piano della rete ospedaliera, definiamolo possibile. Sapete che nel nuovo Patto sono state inserite due cose richieste dal Molise: il superamento dei commissariamenti e la revisione del decreto Balduzzi con deroghe per le piccole regioni. Praticamente – sottolinea Toma – solo per noi, perché solo questa regione non ha un Dea di II livello».
La pandemia ha fermato il lavoro dei gruppi che erano stati istituiti ma Toma ha avuto assicurazioni da Speranza che presto riprenderanno. E in quel momento, il presidente del Molise metterà sul tavolo la sua proposta. A grandi linee, così la sintetizza il governatore ai giornalisti collegati tramite Gomeeting – è questa: Cardarelli Dea di II livello (con cardiochirurgia, chirurgia maxillo facciale e plastica, toracica, vascolare e neurochirurgia), Veneziale e San Timoteo Dea di I livello, Caracciolo di Agnone ospedale di area disagiata (14 posti letto di medicina, chirurgia elettiva ridotta, day e week surgery, con possibilità di trattenere in medicina chi non può essere dimesso in giornata) e un Pronto soccorso con organico medico incardinato al Veneziale) in accordo di confine con l’Abruzzo. Per Venafro e Larino, quindi, il capo di Palazzo Vitale propone un potenziamento orientato sulla cronicità, in particolare sulla riabilitazione di terzo livello. «Abbiamo una popolazione prevalentemente geriatrica e con malattie croniche degenerative – indica così il target più importante del fabbisogno di assistenza in Molise – Il 30% dei dimessi dal Cardarelli, dati aggiornatissimi, ha necessità di riabilitazione respiratoria, cardiologica, neurologica». Il suggerimento di Toma è utilizzare Vietri e Ss Rosario per potenziare la risposta alle cronicità e, rispetto al Covid, torna a una ipotesi che lui stesso aveva avanzato all’inizio dell’emergenza: ospitarvi, in caso serva, soggetti paucisintomatici o asintomatici liberando altri reparti e strutture (cosa avvenuta poi a Venafro).
Riguardo invece alla cura del Covid per i sintomatici, «è allo studio della direzione Salute l’implementazione di un padiglione del Cardarelli, quello che viene indicato come hospice che però non è stato mai realizzato, e il suo utilizzo come struttura Covid. È isolato ma adiacente all’ospedale. Per me questa è la prima opzione, tutti i Covid hospital realizzati ad hoc o non sono entrati in funzione o hanno avuto pochi pazienti. Ritengo, quindi, che i 9 milioni stanziati per noi col dl Rilancio non debbano andare a un solo ospedale ma essere destinati a potenziare tutti quelli che abbiamo».
Questa dunque la ‘torre’: può ospitare 14 posti letto di terapia intensiva (gli aggiuntivi da attivare) e può essere sopraelevata separando così del tutto l’assistenza Covid al Cardarelli. Il costo stimato, riferisce Toma, circa 2,5 milioni. Tempi di realizzazione, quattro mesi (compreso il mese che il Ministero ha per valutare e approvare il piano). Mentre la realizzazione di un nuovo ospedale, aggiunge, è di 34 milioni. E «ammesso che il governo scelga di finanziarlo, poi resterebbe in carico al Molise. Noi non possiamo sostenere sei ospedali, ne possiamo sostenere 3».
E aggiunge più chiaramente: «Abbiamo sulle spalle un debito enorme nella sanità per le scelte dei 20-25 anni passati che prevedevano sei ospedali. Di qui, un debito insostenibile ed esigenze sovrastimate del fabbisogno. Se si aggiungono Neuromed, Gemelli e le cliniche minori capite che c’era un’offerta abnorme per 300mila abitanti e che non avremmo potuto evitare il disavanzo che invece di diminuire è aumentato e che è ancora notevole: i commissari presidenti non sono riusciti a ridurlo e non ci è riuscito neanche l’attuale commissario».
In sintesi, Toma auspica che Giustini accolga i suoi suggerimenti (quello sul padiglione inutilizzato sembrerebbe essere stato accolto, visto che il commissario ha chiarito che manderà due progetti a Roma e uno più urgente per separare l’area Covid dal Cardarelli), «facendo una scelta che concili le esigenze della popolazione con quelle di sostenibilità». Dai comitati ai sindaci, dal Pd ai 5s: il fronte pro Vietri Covid è ampio ma Toma richiama alla fattibilità: sarebbe una cattedrale nel deserto, dice. Un Irccs di malattie infettive? «Serve un bacino di utenza da 600mila a 1.2 milioni di abitanti. Anche considerando i territori di Foggia e Chieti ce li abbiamo? Se mille voci chiedono una cosa il mio compito è far riflettere anche mille voci».
Quanto alla partita su deroga al Balduzzi e in particolare sul superamento del commissariamento, Toma è convinto che il Molise lo meriti «anche in virtù della buona prova data dalla regione durante questa emergenza, segno di una sanità che ha funzionato. Ha tenuto con i suoi mezzi, laddove ho anticipato i tempi con ordinanze decisive, tipo le quarantene per chi veniva dal Nord già al 9 marzo o le zone rosse che hanno salvato migliaia di cittadini». Per il presidente non va dimenticato che «non ci sono state infezioni all’ospedale di Campobasso, centro covid regionale, che la crisi all’ospedale di Termoli è durata 10 giorni, che il cluster dei rom l’ha messo sotto controllo la sanità molisana e non un presidente o un sindaco».
rita iacobucci

Commenta

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

*

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.