Precarietà. Una parola che un’intera generazione, quella degli over 30, ha imparato a conoscere a sue spese. Il lavoro non c’è e quello che si trova spesso e volentieri rappresenta un ‘contentino’, un impiego provvisorio in attesa del lavoro dei sogni, magari in linea con il proprio titolo di studi, che consenta una vita rispettabile o quantomeno dignitosa. Ma poi il ‘lavoretto’ si trasforma in qualcosa di permanente.
Guardandosi intorno in città cascano quasi all’occhio: giovani impegnati in varie mansioni nel settore privato alle prese con un lavoro che neanche volevano ma che hanno dovuto accettare per ‘tirare avanti’. Per carità il lavoro non deve cadere dal cielo, ma la sottile linea tra il “vivere” e il “sopravvivere”, a più di 30 anni e con uno stipendio di poche centinaia di euro mensili, spesso viene varcata.
Non è difficile trovare in un pub di Campobasso un laureato in Economia o in un negozio di abbigliamento una psicologa da 110 e lode.
Ce ne sono e ne sono tantissimi. Di ‘bamboccioni’ nemmeno l’ombra. C’è chi si divide tra due lavori pur di mettere insieme uno stipendio degno di essere chiamato tale. C’è chi lavora di notte, di domenica, chi, con il doppio del tempo, guadagna la metà mentre le bollette si moltiplicano.
Tutto ciò viene reso possibile da un altro aspetto non trascurabile: molti titolari non possono e spesso non vogliono ‘sistemare’ a livello burocratico i propri dipendenti. Un po’ perché «lo Stato ci uccide con le tasse», un po’ perché sguazzano nel guadagno in nero a discapito di chi lavora come se fosse sotto contratto. I più benevoli trovano escamotage burocratici per mettere in regola i propri dipendenti con contratti part time o simili.
Non è populismo ma semplice realtà. Fatelo un giro tra i negozi, andate a mangiare in quei locali tanto sponsorizzati e parlate con quei dipendenti. Forse, per la paura di perdere l’impiego, non confermeranno mai di lavorare in nero o con un contratto che non rispecchia le ore di lavoro effettive. Eppure ce ne sono tanti in città.
La conferma arriverebbe se ci fossero più controlli dagli enti preposti e più sanzioni. Noi di Primo Piano Molise abbiamo chiesto ai dipendenti di alcuni locali e attività commerciali in giro per la città di rivelarci la verità.
Chiara (chiameremo ognuno di loro con un nome inventato), 37 anni, lavora dal 2008 in un centro estetico. Ha un contratto part time ma lavora a tempo pieno per 600 euro al mese, 5 giorni su 7. «Mi devo accontentare – dice – perché è difficile trovare lavoro in un altro posto. Ma così non riesco a mettere nulla da parte e non posso neanche permettermi di pensare di avere un figlio. E intanto il tempo passa…».
Giorgio, 31 anni, in mano una laurea in Giurisprudenza, studia per l’esame di abilitazione all’esercizio alla professione e serve ai tavoli di un pub. Un pub in cui tutti lavorano in nero ma che sopravvive tranquillamente perché mai sottoposto a controlli nonostante sia aperto già da un paio d’anni.
«Divido casa con altre 3 persone e quel po’ che guadagno lo metto da parte per ogni evenienza. Sogno di andare a vivere a Milano, dove la mia ragazza già lavora e di essere reclutato da un importante studio».
Francesca invece, lavora in nero da due anni in un bar. A parte qualche voucher nei weekend, in cui aumenta in teoria il rischio di un controllo, non ha mai ottenuto uno straccio di contratto. Ha 33 anni, convive e il suo ragazzo ha un lavoro statale, ma questo non basta. «Mi sento in difficoltà a guadagnare una paga da fame perché non posso permettermi una casa o un’auto tutta mia. Il mio ragazzo paga il mutuo del nostro appartamento ma io mi sento frustrata. Ho una laurea specialistica ma ho trovato solo lavoretti saltuari che non mi permettono di crescere. I soldi mi servono per la benzina e per fare la spesa a casa, dopodiché non mi resta niente in tasca già a metà mese».
La situazione per molti campobassani è dunque insostenibile. Molti 30enni hanno trovato la propria strada solo dopo essersi allontanati dal Paese, con l’amaro in bocca e pochi spiccioli in tasca.
Bandi da 500 euro, lavori part time, in nero o a tempo determinato. Spetta solo questo ai nostri giovani? Non credo. La generazione over 30 merita di più.
SL

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