In attesa delle definizione dei concorsi e, soprattutto, della nomina del commissario della sanità, torna a reclamare i propri diritti il comitato “Infermieri che lottano”, formato da infermieri molisani che lavorano nelle altre regioni.
Il comitato ha un fronte aperto con i “colleghi” precari che lavorano negli ospedali molisani e che sperano nella stabilizzazione. A loro si rivolgono gli “infermieri che lottano”, fornendo un chiarimento circa le «procedure di reclutamento – scrivono in una nota – messe in atto dall’ Asrem. Le procedure, sia la mobilità sia la stabilizzazione, sono state indette prima della 75/2017 e la norma di riferimento in vigore, in quel momento, era la 125/2013, che riconosceva alle Aziende la possibilità di riservare alla stabilizzazione del personale precario al massimo il 50% dei posti messi a concorso; è evidente che l’Asrem è stata con i precari fin troppo generosa; ammesso e non concesso che la “Madia” venisse applicata, in Molise nessuno dei colleghi “precari” ha realmente i requisiti richiesti, visto che non si è mai svolta in questa regione una selezione per il reclutamento a tempo determinato – con i requisiti propri della prova concorsuale – a cominciare dalla nomina di una commissione; molti dei colleghi che chiedono la stabilizzazione hanno raggiunto i requisiti necessari grazie ad una legge regionale, la 3/2015, dichiarata illegittima dalla Corte costituzionale con la sentenza numero 14 del 19 gennaio 2017; è un “falso ideologico” dire che chi non sarà stabilizzato verrà licenziato, in quanto un contratto a tempo determinato ha una data di scadenza certa e, implicitamente, chiara ad entrambe le parti coinvolte, sin dall’inizio. Così come è strumentale affermare che con la mobilità si correrebbe il “rischio” di lasciare a casa qualche molisano per far lavorare qualche pugliese o qualche laziale, in quanto, se questa possibilità è innegabile, è altrettanto certo che essendoci tra gli stabilizzabili numerosi non molisani, con le stesse probabilità, può anche accadere che un pugliese o un campano restino a lavorare in Asrem lasciando un molisano – concludono gli “infermieri che lottano” – a centinaia di chilometri dalla famiglia».

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