È arrivato dopo un lungo viaggio affrontato in solitaria. A chi lo ha definito l’anti Salvini ha risposto di non avere «gli stessi mezzi, la stessa organizzazione e le sue capacità orali. Sono arrivato da solo in terno e in autobus» dice appena varcata la soglia dell’ex Gil a Campobasso, dov’è stato ospite dell’incontro dal titolo “Rigenerazione delle aree interne: modelli a confronto”, iniziativa posta in essere da Cgil, Caritas e una rete di associazioni molisane.
Il sindaco del piccolo comune calabrese è attualmente sospeso per l’inchiesta sull’immigrazione clandestina della Procura di Locri. «Il 26 c’è il ricorso in Cassazione – ha spiegato – e mi sento fiducioso. Spero, anche solo per un po’, di tornare a fare il sindaco. Almeno per una questione di orgoglio. È stato un inverno difficile, non ho una casa, sono situazioni che pesano nell’animo. Sarebbe stato tutto più facile se mi fossi dimesso ma non l’ho voluto fare per orgoglio. Trovo naturale che il tema dei migranti possa essere motivo di divisione politica. Se uno scompone i valori della politica non può non capire che la politica è impegno proprio per le persone e che su certi temi si può essere a favore o contro».E sulla solidarietà ricevuta in questi mesi aggiunge: «Non me l’aspettavo. Non ho mai fatto tutto questo per diventare un personaggio».
Un momento di confronto, dunque, su un argomento attuale che divide le coscienze e che, anche in Molise, necessita di essere approfondito.
Ad aprire i lavori, in un’affollata sala Giovannitti, il direttore de “Il Bene Comune”, Antonio Ruggieri.
«Dei nostri 136 comuni – ha spiegato il giornalista – pochissimi ormai superano il numero di 1000 abitanti. L’idea di ArIA e Biocult, i due centri di ricerca dell’Unimol, è quella di definire dei modelli localizzati di rigenerazione territoriale che vengano affidati alle persone che abitano quei luoghi. Vorremmo fare, con decoro e straripante umanità, quello che ha fatto Mimmo Lucano a partire dal 2004 fino a quando gli hanno consentito di dar vita a quel piccolo ‘miracolo civile’ che è stata Riace, perché è partito esattamente nel punto in cui ci troviamo noi oggi. Lo ha fatto partendo dall’attracco di un barcone con circa 200 curdi. Non era ancora un amministratore ma un operatore umanitario ed è stato quello il momento in cui ha scelto la sua vocazione, ossia quella di amministrare il proprio comune rigenerandolo attraverso una comunità che non fosse composta solo dai residenti ma che andava ridefinita con le persone che arrivavano».
In quel periodo il vescovo della diocesi di Locri era monsignor Bregantini. Da quel momento si stabilì tra i due un legame solidissimo, un’empatia fatta di sensibilità, di progetti e di cultura che ha continuato a coltivarsi negli anni.
«Questo è un tema a me molto caro – le parole del vescovo – sviluppato in tanti modi e in diverse occasioni, ma la fase incipiente per me è stata quella vissuta con Lucano a Riace, combattendo insieme i grandi temi delle identità delle aree periferiche. La sua presenza, il suo impegno e il sostegno reciproco che ci siamo dati, ha permesso a me di conoscere meglio le tematiche delle aree interne e a lui, insieme ad altre forze politiche, amministrative e culturali, di realizzare quel modello che, al di là delle vicende personali di Mimmo, resta intatto nella sua straordinaria attualità».
Il vescovo ha poi posto l’accento sull’importanza del senso di identità e sullo scontro in corso a livello europeo intorno a due grandi temi: da una parte il bisogno di allargare gli orizzonti, dall’altra la necessità di essere identificati in maniera precisa. Temi che, secondo Bregantini «renderanno vivacissima la prossima campagna elettorale europea».
Al centro dell’intervento anche la drammatica realtà vissuta dai pastori sardi e l’importanza di restituire dignità ai piccoli borghi.
A salire sul palco anche il primo cittadino di Campobasso, Antonio Battista, che ha manifestato la propria «stima e ammirazione» per le iniziative messe in campo da Lucano attraverso il modello Riace, un modello «all’avanguardia, utilizzabile per i territori in via di spopolamento», ponendo poi l’accento sul “modello Campobasso”, messo in atto in questi anni non solo dalle istituzioni ma soprattutto dalla popolazione, dalla Caritas, da associazioni che operano sul territorio come “Dalla parte degli ultimi”, che garantiscono sostegno a chi ne ha bisogno e a comuni come quello di Ripabottoni, che ha tentato di imitare il famoso modello attuato nel comune calabrese. Un modello, dunque, che può essere adottato e adattato anche nella nostra città per far fronte a problematiche che riguardano i piccoli comuni, cuore pulsante della nostra regione.

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