Dalle sue parti ieri c’era il ministro Minniti, ma lui ha preferito fare un viaggio a Isernia e tirare la volata ai rappresentanti del territorio molisano, impegnati in una rincorsa difficile. Il sindaco di Pesaro Matteo Ricci, esponente di peso del partito democratico, ieri pomeriggio è stato l’ospite d’onore della convention organizzata dai dem per lanciare gli ultimi appelli. E a raccoglierli, nella sala consiliare della Provincia, c’erano iscritti, simpatizzanti e molti sindaci. Gli amministratori locali, come fu qualche settimana fa nell’incontro col governatore Frattura, hanno risposto ‘presente’, dimostrando di voler dare il loro contributo nella battaglia contro quello che, per il centrosinistra, è il primo nemico da combattere: il populismo.
In sala c’era anche lui, il presidente della Regione. Seduto in platea, ha voluto mimetizzarsi tra la folla, per lasciare la scena ai candidati a Camera e Senato. Quando Franco Capone, per l’occasione portavoce dei garanti della federazione pentra del Pd, gli ha dato la parola Frattura ha ricordato l’importanza di ostacolare gli estremismi con la forza dei fatti.
Uno alla volta gli aspiranti deputati e senatori hanno illustrato idee e programmi. Micaela Fanelli, Laura Venittelli, Enrico Colavita, Carlo Veneziale, Maria Teresa D’Achille, Giovanna Palermo di Meo, quest’ultima in lizza con a lista civica Lorenzin, hanno ricordato l’importanza di una partita che non ha affatto un esito scontato. E allora lo sprone è stato anche quello di mettere da parte i veleni di una campagna elettorale basata sullo scontro e di indirizzarsi verso quello che viene definito il cosiddetto ‘voto utile’.
«Stavolta si gioca davvero per un pugno di voti – le parole di Matteo Ricci -. Si lotta per vincere i collegi e far scattare anche i parlamentari nel proporzionale e pure per stabilire chi sarà il primo partito. È un sistema proporzionale e se riusciremo a convincere i tanti indecisi, saremo in vetta e ‘daremo le carte’ nella prossima legislatura. Così, in qualche modo, continueremo a far camminare l’Italia ancora più forte dopo averla rimessa in moto».
Le ultime ore per i dem saranno cruciali e finalizzate anche a convincere gli elettori di sinistra, allettati dalle ‘sirene’ di Liberi e uguali e soprattutto coloro che ancora non sanno che strada prendere.
«Sicuramente la scissione non fa piacere – ha proseguito il sindaco di Pesaro -, però tutti sanno, con l’avvicinarsi del 4 marzo, che la scelta è tra noi, quindi tra la competenza, il pragmatismo e la serietà del centrosinistra, l’estremismo della destra e l’incompetenza dei cinque stelle. Domenica sono questi i tre voti possibili e chiunque non scelga all’interno del centrosinistra rischia di favorire Salvini e Grillo. Sono tanti gli indecisi, anche non propriamente del Pd e quindi che non hanno apprezzato quanto fatto che, nelle ultime ore si stanno avvicinando alla coalizione del centrosinistra e credo che saranno loro a fare la differenza».
No all’inciucio. Questo Ricci lo ha affermato a chiare lettere, smentendo le voci che vorrebbero già definito l’accordo tra Renzi e Berlusconi e che si tradurrebbe in un nuovo governo dale larghe e strane intese.
«Non c’è nulla di vero – ha detto perentorio -, anche perché siamo in un sistema proporzionale. La partita è tra noi e i cinque stelle. Se, come crediamo, ci attesteremo come il primo partito, saremo i protagonisti della legislatura e proveremo a fare un governo in base a un programma di cambiamento, sulla scia di quanto fatto in questi anni. Se i primi dovessero essere i cinque stelle nascerà il governo dei populisti o si tornerà al voto. Gli scenari possibili sono questi. Siamo impegnati ad arrivare primi perché l’alternativa è un governo di populisti».
Infine una critica alla squadra degli eventuali ministri pentastellati e un commento agli ormai numerosi endorsement a Gentiloni, ultimo in ordine di tempo quello di Enrico Letta.
«Se paragoniamo la squadra dei cinque stelle, composta da sconosciuti, a quella del Pd si capisce subito la differenza – ha concluso Ricci -. Non solo abbiamo Renzi e Gentiloni, ma abbiamo Minniti, Franceschini, Delrio. Abbiamo i sindaci e tante persone che in questi anni hanno dimostrato di saper fare, mentre gli altri hanno dimostrato di non saper fare, basti pensare alle città governate dai cinque stelle. E anche il centrodestra non è più quello di una volta. Non solo perché ha già governato il Paese, dimostrando di non aver prodotto risultati per l’Italia, ma perché è a trazione estremista, con Salvini come capo culturale. Credo che gli italiani non vogliano questo e perciò penso che il centrosinistra ha grandi chance per continuare a governare».
Valentina Ciarlante

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