Sara Palazzoli, segretaria nazionale della Flai Cgil, ha lanciato l’allarme: in Italia ci sono 10mila lavoratori che rischiano di restare senza lavoro e senza Naspi (la misura che ha sostituito la mobilità dopo la riforma introdotta dal Jobs act). Tra questi, i circa 300 della Gam. Al governo nazionale, la sindacalista – pochi giorni prima di Pasqua – ha chiesto un intervento normativo urgente per rimuovere gli ostacoli che impediscono l’accesso alla Naspi agli addetti inquadrati come dipendenti delle cooperative di trasformazione industriale di prodotti agricoli a cui è stata applicata la previdenza agricola.
Tutto vero, problema da risolvere. Ma a provocare polemiche, dopo l’articolo pubblicato da Primo Piano il 15 aprile scorso, è il fatto che sia proprio la Palazzoli – firmataria insieme ai colleghi di Uila e Fai dell’accordo col gruppo Amadori per il rilancio della filiera avicola – a fare queste affermazioni. Affermazioni che hanno provocato la reazione di alcuni dipendenti dell’azienda di Bojano alle prese con un’attesa infinita. Per esempio, scrive su Facebook Antonio Sacco che Palazzoli è «proprio la stessa che all’assemblea in azienda per fare accettare ai lavoratori l’accordo con Amadori disse che non ci sarebbe stata altra possibilità perché Amadori non avrebbe aspettato a lungo e che comunque oltre allo stesso Amadori non c’era più niente. Disse inoltre, dandolo per certo, che avremmo avuto un altro anno di casa integrazione e soprattutto la Naspi». Oggi, invece, lancia l’allarme e dice – prosegue Sacco – «che non possiamo avere la Naspi». L’accusa di Sacco è che i sindacalisti «queste cose le sanno prima di firmare, dopo fanno finta che succedono cose imprevedibili ma lo fanno sapendo che la massa gli crede purtroppo. Sono gli stessi che a Roma hanno firmato l’accordo e poi si sono accorti che 68 lavoratori non sono menzionati da nessuna parte (i lavoratori presi in considerazione dall’accordo sindacale sono 212 a fronte dei 280 totali, ndr). La giustificazione di qualche ‘sprovveduto’ sindacalista in essere da anni, è stata “ho firmato ma non ho letto”».

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