Qualche giorno fa, nelle dichiarazioni rilasciate al Sole 24 Ore, Denis Amadori aveva parlato del piano industriale del gruppo, «appena approvato», che «da qui a cinque anni ci trasformerà da azienda avicola a food company con un raggio di azione internazionale».
In questo piano industriale, assicurava al quotidiano di Confindustria il figlio del fondatore del marchio romagnolo e responsabile della rete di distribuzione, la filiera avicola molisana «arriverà a pesare il 25% della produzione Amadori e diventerà l’hub dei polli allevati all’aperto senza antibiotici».
L’acquisizione della filiera avicola da parte di Amadori è fra i risultati che il governatore Frattura annovera fra i migliori del mandato della sua amministrazione.
Un anno fa, il 28 febbraio 2017, l’azienda di Cesena firmò l’accordo con Regione Molise e ministero dello Sviluppo per il rilancio del comparto avicolo dopo averne acquistato – nella procedura di vendita davanti al Tribunale di Campobasso – i beni che erano dell’ex Arena (in particolare incubatoio, macello e centri di allevamento di Agria Holding, Logint e Gam).
A distanza di un anno, la prossima settimana, sarà proprio Denis Amadori – stando alle indiscrezioni che circolano negli ambienti del settore avicolo regionale – a illustrare ai molisani e per la prima volta in Molise le intenzioni dell’azienda e i tempi e le modalità in cui le realizzerà. L’incontro, su cui è trapelato pochissimo (solo che la famiglia intende parlare anche con la stampa) dovrebbe essere fissato per la metà della settimana (salvo rinvii per il maltempo). Sarà l’occasione per fare il punto – e per fare domande – sui lavori all’incubatoio: quelli di bonifica e smantellamento dei vecchi impianti sono iniziati da tempo e ora che c’è il decreto di concessione dei 2,5 milioni del Psr dovrebbero partire quelli di ristrutturazione. Il gruppo romagnolo stima che per completarli occorreranno dieci mesi, poi le prime assunzioni: una trentina di unità, assunte prevalentemente a tempo determinato. Più lunghi i tempi per il macello: 36 mesi dall’accordo di programma che potrebbe essere firmato a fine 2018. Quindi, come è emerso nell’ultima riunione al Mise, nel 2022 l’impianto di Monteverde di Bojano potrebbe riaprire i battenti. I lavoratori in attesa di sviluppi sono 270, in cassa integrazione fino a novembre e poi forse per un altro anno. Ieri hanno fatto il punto, dopo l’ultima riunione al Ministero, in assemblea a Bojano.

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