Piange inconsolabile guardando la bara scura che custodisce la salma della dottoressa. È giovanissima, sì e no 18 anni. Tiene la mano ad un amico e singhiozza. Lui, invece, è un uomo adulto. Forse un coetaneo di Rita Fossaceca. Nel silenzio della cattedrale che accoglie la preghiera si copre il volto con la mano. Lacrime scendono sommesse e inarrestabili. Dal belvedere del paese un’anziana donna scruta il lunghissimo corteo che accompagna al cimitero la volontaria uccisa in Kenya durante una rapina. Si appoggia alla balaustra, sguardo fisso in volto all’amica e con la voce rotta chiede: “Ma perché? Perché…”. Scuote la testa. Risposte non ne trova.

Rita Fossaceca “ha pagato con la vita il suo generoso donarsi senza difese”. E questi, dice in chiesa il vescovo Domenico Scotti durante i funerali in Molise, sono i momenti in cui la memoria è ancora dolore. Ma diventa anche speranza “nella forza della sua testimonianza che ha commosso il mondo”. Una vacanza in Kenya le sconvolse “i suoi piani umani”. Allora il “suo sguardo d’amore si posò sui bambini”. L’omelia del titolare della diocesi di Trivento – che ha concelebrato domenica i funerali a Novara e per la funzione molisana ha scelto come il vescovo Brambilla paramenti bianchi (non quelli viola del lutto) e, prima dell’arrivo del feretro dalla camera ardente, campane a distesa – ripercorre i passi di un’esistenza piena, amata e ammirata. Quella di Rita Fossaceca. Una vita ‘contagiosa’ nel suo mettersi in gioco per gli altri. Da quel viaggio di piacere è tornata in Kenya chissà quante volte. Lì c’è la ‘Casa del fanciullo’, l’orfanotrofio che ha realizzato insieme alla onlus For Life. I bambini la chiamavano ‘mamma Rita’. Ma non solo in Africa, la dottoressa Fossaceca ha fatto tanto per molti posti del mondo colpiti da sciagure. E per la sua terra e la sua Trivento insieme alle associazioni del posto e ai singoli che il suo entusiasmo trascinava. In Kenya, durante quella vacanza, fu Dio ad entrare nella sua vita e a sconvolgerle i piani, dice il vescovo dal pulpito. Il brano del Vangelo è l’annunciazione di Luca: “Ecco la serva del Signore, mi sia fatto secondo la tua parola”. Come Maria all’angelo Gabriele, Rita Fossaceca si è affidata alla strada che le comandavano l’anima e il cuore. Un esempio, rimarca Scotti, per chi si chiede come rispondere “a Dio che ci comanda di entrare in un disegno più grande di noi”. Senza di lei, c’è “il peso e la responsabilità di continuare la sua opera”, evidenzia il presule e chiede una preghiera “perché la sua morte non sia stata vana”.

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La cattedrale è stracolma. Dentro non c’è più posto e in tantissimi aspettano fuori per abbracciarla idealmente un’ultima volta. In migliaia hanno voluto rendere onore ad una molisana che ha reso il mondo migliore. Sulla bara la foto di Rita Fossaceca sorridente che tutti conoscono. Il fratello Pierluigi e sua moglie Emma, il cugino Tonino e tutti i parenti sostenuti dall’affetto dell’intera comunità. I genitori e lo zio, don Luigi Di Lella, testimoni dell’agguato a Watamu e dell’uccisione di Rita, sono rimasti a Novara per accertamenti clinici. Alle esequie il prefetto di Campobasso Francescopaolo Di Menna, il sindaco Domenico Santorelli, il governatore Paolo Frattura, la deputata Laura Venittelli. Ci sono altri sindaci, fra cui Gigino D’Angelo e Angelo Camele, i consiglieri regionali Michele Iorio, Angela Fusco, Salvatore Ciocca e Domenico Di Nunzio, l’assessore provinciale Fabio Talucci. Amici, colleghi medici e radiologi di Rita Fossaceca, volontari di For Life. Smarriti eppure determinati ad andare avanti.

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Finita la messa, sul sagrato l’omaggio di chi vuole ricordare Rita Fossaceca. In lacrime, il sindaco Santorelli la chiama “Rita infinitamente cara”. Vinta l’emozione, continua: “Una mano violenta ha privato del tuo luminoso sorriso mamma Michelina, papà Giovanni, Pierluigi, Emma, zio Luigi, i tuoi cari. Tutti noi e i bambini di Mijomboni. Cinquant’anni di fatica e di bene, di soddisfazioni che hai regalato ai tuoi genitori e anche alla nostra comunità triventina, che, orgogliosa di te, ti annovera fra i suoi figli migliori”. È il momento del dolore, ammette Santorelli, ma “sin da ora siamo impegnati perché il tuo sacrificio, il tuo martirio, possano continuare a far germogliare nuova vita, possano suscitare un rinnovato impegno per far sì che la tua testimonianza divenga quel seme capace di fecondare le coscienze, anche delle generazioni che verranno”. La saluta: “Ciao Rita, continua a tenerci per mano. Ne abbiamo bisogno in particolare in questo momento di smarrimento, di sconforto, di lancinante dolore di fronte allo scandalo e all’assurdità del male. Aiutaci a comprendere che è necessario che il bene prevalga e sostienici perché nonostante tutto ognuno di noi sia artefice di quel bene per il quale tu hai dato la vita e per mezzo del quale hai reso l’umanità migliore”.

Abbiamo conosciuto Rita – dice il governatore Paolo Frattura nell’intervento che ha voluto dedicare alla dottoressa Fossaceca – nell’amore e nella stima che ha costruito intorno a sé. Il Molise ha pianto una donna, un medico, che ha speso la sua formazione, il suo mestiere, i suoi sorrisi per gli altri. Rita con il suo esempio continua a essere in mezzo a noi. Lo è per il suo impegno a Novara, per il suo amore per Trivento, per il suo coraggio che l’ha portata più volte in Africa a stringere e proteggere bambini in cerca del suo calore”. Torna poi a quella notte, “di profondo smarrimento che tutti abbiamo provato quando si è appresa la notizia, nessuno voleva crederci. Una storia di disperazione finita nel peggiore dei modi, ma che non può cancellare né mettere in discussione l’opera di bene che dobbiamo tutti continuare nel nome della dottoressa Fossaceca. Lei, ne siamo certi, avrebbe voluto così”. Il presidente della Regione ricorda il tributo del Capo dello Stato Mattarella, nella Giornata del volontariato, e rinnova la vicinanza alla famiglia, agli amici e ai colleghi. Una sofferenza, la loro, che ha segnato l’Italia. “Alla dottoressa Fossaceca, alla nostra Rita, un grazie sentito che dobbiamo alla sua opera e al suo sacrificio. Il Molise sente e piange il vuoto che lascia”, conclude.

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Pierluigi Fossaceca prende la parola per ultimo sul sagrato. È partito di notte, il 28 ottobre, per un viaggio terribile che mai avrebbe immaginato di compiere. Ha riportato sua sorella a casa, ma prima, in quei giorni tremendi, è stato dai bambini di Rita. Ha dovuto dire loro che “la dottoressa è morta”. Ha rassicurato loro e se stesso che a Mijomboni tutto continuerà, altrimenti l’impegno e il sacrificio di Rita sarebbero stati inutili. Nel freddo che sferza la piazza della cattedrale, visibilmente e comprensibilmente scosso, ringrazia a nome della famiglia “tutti coloro che con la preghiera ci hanno accompagnato in questo lungo e triste viaggio. La vicinanza e l’affetto hanno oltrepassato ogni confine raggiungendoci e riscaldandoci il cuore”. Esprime poi “grande riconoscimento al Presidente della Repubblica, al presidente della Camera e a tutte le cariche istituzionali, civili e religiose, che in questi giorni si sono interessati a noi, non facendoci sentire soli in una terra straniera che Rita considerava un po’ come la sua seconda casa”. E ancora ringrazia il prof Alessandro Carriero, gli amici e colleghi della onlus, dell’ospedale di Novara e dell’università. “Un grazie di cuore a Rita, per aver contagiato e infuso nei nostri cuori, con la sua energia e con il suo amore, con la sua tenacia e la sua costanza l’amore per i più deboli e per gli ultimi. Quello che è accaduto sabato 28 novembre non rappresenta certo la fine di un progetto d’amore, ma la continuazione di ciò che è stato fatto finora”. Un lunghissimo applauso. Poi Pierluigi si avvia con la moglie, raggiunge la bara della sorella. Un fiume di persone li accompagna al cimitero.

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