Non mi pare di aver sentito la parola “giornalaia”. Pennivendola, sì. E l’accusa coniata di recente nel Molise dei disperati che si fanno la guerra fra loro: prendete i soldi da questi qua. “Questi qua” sono i consiglieri regionali. “Voi” sono le testate giornalistiche. I “soldi” credo siano i contributi che la legge per l’editoria destina alle imprese del settore informazione. Più o meno questo il senso, non le frasi letterali che mi sono state rivolte, molto più gravi e violente: su quelle naturalmente chi di dovere accerterà.
Mezzogiorno del 22 ottobre 2019, più o meno. Mi ritrovo, con altri giornalisti, a documentare un brutto episodio, non il primo, che si svolge in Consiglio regionale: uno scontro acceso fra il sottosegretario Pallante e gli operatori della formazione professionale. Uno di loro, evidentemente ritiene di non essere stato troppo considerato dal lavoro che in questi anni ho svolto, decide di chiudere la lite con l’esponente politico dirigendosi verso di me, intimandomi di non riprenderlo e non divulgare alcuna immagine. Lui non dà l’autorizzazione. Non la dà a pennivendoli, che prendono i soldi da questi qua, che non spendono una parola per la gente. Più o meno questi i concetti, urlati davanti a tutti e ripresi da più di una telecamera. Alle offese e alle minacce il signore accompagna qualche spintone. Alcuni colleghi mi si avvicinano e mi invitano alla calma. La Digos fa uscire il signore agitato e anche noi.
Ricapitolando: in una sede istituzionale, la seduta è sospesa ma poco cambia, un cittadino in preda alla rabbia si scaglia contro un politico, insieme ad altri gli ricorda di aver votato centrodestra, quindi si aspetta che quella coalizione risolva il suo problema. Poi non trova di meglio che prendersela con i cronisti. Come se quella lite dovesse restare un fatto privato.
Non mi scontro con chi vive una difficoltà. E la critica serve a migliorare. Imparagonabile, in effetti, l’attenzione che in questi anni ho dedicato per esempio alla vertenza Gam. Ma non discuto con chi alza la voce, lancia accuse strampalate e false agli organi di informazione e alla testata per cui mi onoro di scrivere. Non discuto, mi rifiuto di farlo, con chi alza le mani. Il diritto di cronaca, questo sì glielo dico al signore, in Italia è tutelato dalle leggi e dalla Costituzione, all’articolo 21. E se la vicenda degli operatori della formazione professionale – anche questo glielo dico – non è stata ancora risolta non è colpa di chi scrive, di cosa scrive e di come lo fa.
rita iacobucci