Per via del coronavirus ci sarà nessuna cerimonia pubblica, sicuramente programmata prima dell’avvento del mostro per la giornata di domani, per evitare l’assembramento di persone, ma la ricorrenza, concomitante con la festività di San Giuseppe, va certamente evidenziata per il suo notevole significato e annoverata come una delle più importanti e rappresentative della nostra realtà regionale.
Ci riferiamo al venticinquesimo anniversario della istituzione a Campobasso della Cattolica, ex “Fondazione di ricerca e cura Giovanni Paolo II”, dallo scorso 1° novembre “Gemelli Molise” società per azioni.
Come tutti sappiamo la società “Gemelli Molise” è un istituto ospedaliero dell’Università Cattolica del Sacro Cuore specializzato nei campi dell’oncologia, delle malattie cardiovascolari e della medicina specialistica.
Per il suo atterraggio in Molise c’è voluta tutta la caparbietà, la intraprendenza, la diplomazia e la seria e riconosciuta capacità e cocciutaggine di una classe dirigente, capeggiata da quella parlamentare, con in testa il mai rimpianto abbastanza, onorevole Florindo D’Aimmo, dalla giunta regionale guidata dal presidente Michele Iorio, e da altre istituzioni minori, che ha dovuto piegare e sconfiggere una spietata concorrenza di altri territori della parte meridionale del nostro Paese.
Un significativo appoggio lo ha fornito anche il clero, non solo nostrano, che con l’allora vescovo di Campobasso-Bojano, monsignor Ettore De Filippo, anche lui salito al cielo, ha messo in moto tutte le azioni dirette a sostenere l’iniziativa. Iniziativa difesa con i denti, successivamente, a causa di qualche vento contrario che ha minacciato una possibile chiusura, dall’attuale pastore della diocesi, monsignor GianCarlo Bregantini, sapiente combattente delle cause ritenute giuste.
Non è stato agevole spuntarla, ma i nostri rappresentanti politici, spalleggiati, come detto, anche da una buona parte del clero, specialmente locale, sono riusciti a far valere le proprie ragioni e far approdare a Campobasso una struttura che ai più è parso come un vero e proprio miracolo. Soprattutto perché i nostri malati di tipologie abbastanza serie, costretti ai cosiddetti viaggi della speranza nella parte nord del Paese, finalmente hanno potuto curarsi a casa loro, senza dispendio di risorse, sia fisiche sia materiali e, soprattutto, di natura economica.
Le nozze d’argento con la autorevole istituzione sanitaria, quindi, rappresentano, senza ombra di dubbio, un evento suggestivo e di profonda conquista per questo piccolo lembo di terra, alle prese in passato, con problematiche di salute quasi insuperabili dal punto di vista logistico, soprattutto per vi delle enormi distanze da percorrere.
Era il 19 marzo del 1995, ricorrenza della festività di San Giuseppe, allorquando il pontefice, Giovanni Paolo II, al secolo Karol Wojtyla, primo Papa polacco nella storia della Chiesa, deceduto il 2 aprile del 2005, quindici anni fa, chiudendo un pontificato durato 27 anni e segnando in maniera indelebile il nostro tempo, arrivò nel Molise per benedire la prima pietra del Centro biomedico dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, suscitando uno straordinario richiamo di attenzioni e di consensi, intensamente e spiritualmente vissuto da tutta la comunità molisana.
La benedizione della prima pietra del Centro ad alta tecnologia di scienze biomediche dell’Università Cattolica del “Sacro Cuore”, la prima del genere nel sud Italia, è immagine dell’accordo che sempre c’è stato tra la vera scienza e la fede, accordo ricercato e provato da tutta l’attività dell’Università Cattolica, “fiore all’occhiello” non solo del mondo cattolico, ma di tutto l’ambiente scientifico italiano.
Il fatto che proprio il Molise sia stato scelto come sede di un ramo specialistico della prestigiosa Università, può essere considerata una vera grazia che ogni persona intelligente e di cuore grande ha saputo apprezzare adeguatamente.
Il Pontefice che ha guidato il cammino della Chiesa e dell’umanità nel passaggio al nuovo Millennio, aveva già messo piede nei nostri territori, precisamente a Termoli, nello stesso giorno di San Giuseppe dell’anno 1983, ma questa volta, senza nulla togliere all’appuntamento sull’Adriatico, l’incontro con il Molise , attraverso il suo capoluogo, ha espresso qualcosa di indicibile, di straordinaria magnificenza.
Incontro che è rimasto impresso nei cuori e nella mente di tutta la popolazione regionale, nessuno escluso, vissuto con profonda fede e infinita gratitudine per i risvolti positivi che avrebbe prodotto da quel momento in poi, in un campo, quello sanitario, che in loco non aveva particolari punti di riferimento nello specifico settore di cui il nuovo impianto si sarebbe dovuto occupare, con evidenti, piacevoli benefici per tutta la cittadinanza del posto e delle regioni limitrofe.
E in effetti il Centro ha funto, e continua a fungere, da autentico punto di riferimento per i tanti malati oncologici e cardiopatici di una vasta area che hanno visto notevolmente ridurre o annullare completamente le distanze, per mettere un argine alle loro sofferenze.
Forte di un solida costruzione , moderna, al passo con i tempi, e estremamente funzionale, grazie principalmente alla competenza e professionalità di tutti gli operatori, medici, infermieristici (questi ultimi allevati in proprio), personale amministrativo e dirigenza degna di tal nome, l’intero assetto non ha avuto eccessive difficoltà a diventare immediatamente un fulcro di aggregazione per quel che concerne i pazienti con tipologia di malattia per cui è sorto.
L’apparato , oggi affidato alle sapienti mani del direttore generale Celeste Condorelli, ha visto alternarsi, sia come classe dirigente sia come componente medica, valenti professionisti che hanno fatto del Centro un vero e proprio fiore all’occhiello della sanità regionale.
Venticinque anni di intenso lavoro e di assistenza continua, con soddisfacenti risultati, al servizio di una collettività che ha gradito sempre di più la Cattolica, manifestando il suo consenso attraverso una frequentazione che è andata sempre più, purtroppo, lasciatecelo passare, gonfiandosi.
Non ci sono celebrazioni ufficiali per via del coronavirus, al quale la struttura sta dando il suo prezioso, fattivo apporto, ma nel cuore di ognuno si annida uno splendido pensiero di felicitazione che certamente troverà la sua valvola di sfogo non appena la situazione attuale conoscerà di nuovo la normalità.
È ciò che si augurano a Piazza Gemelli ed è ciò che si augurano i molisani tutti.
Il Molise non dimentica e vuole, e vorrà, testimoniare tutto il suo affetto, con tutta la propria energia vitale, a quanti hanno gettato le basi per una pregevole e insostituibile realizzazione e a quanti hanno profuso ogni goccia di sudore per mantenerla dignitosamente in piedi, nella piena consapevolezza di essere stato baciato per un quarto di secolo da un prezioso “campione” di sanità, dal quale si attende ancora una lunga protezione.
Michele D’Alessandro