Per una struttura sanitaria, la scoperta di pazienti e dipendenti positivi al Covid non è uno scherzo. Soprattutto se si tratta di un istituto di riabilitazione con un solido pedigree che dall’inizio della pandemia ha messo in campo procedure di massima cautela e precauzione.
Il 12 ottobre Gea Medica riceve da Asrem la comunicazione della positività al tampone eseguito due giorni prima di due pazienti che dovevano sottoporsi a controlli in ambulatori esterni e di una dipendente addetta ai servizi. Il giorno successivo, l’istituto isernino informa la stampa.
Ma, siccome il personale «impegnato nell’assistenza è costantemente dotato di dispositivi di protezione individuale e la struttura non ha mai aperto, dallo scorso mese di marzo, l’accesso esterno di familiari e visitatori, applicando una rigida divisione di spazi e percorsi», i vertici di Gea decidono di eseguire subito i test antigenici: risultano negativi.
Il 13 l’istituto effettua i ‘classici’ tamponi orofaringei sui due pazienti positivi e sui tre contatti stretti e li ha inviati all’Università di Chieti: esito negativo. I tamponi vengono ripetuti, data la discordanza col referto di Asrem, il 15 ottobre e inviati al Laboratorio dell’ospedale Santo Spirito di Pescara: esito ancora una volta negativo.
Così è avvenuto pure per un assistito dimesso che aveva comunicato a Gea di essere risultato affetto da Sars-Cov2 e per un suo contatto stretto. Positivi per il laboratorio del Cardarelli, negativi per quello dell’Università D’Annunzio. Il cui laboratorio, insieme a quello del Santo Spirito, è nell’elenco di quelli autorizzati per la diagnosi del Covid.
Intanto, il 18 ottobre Asrem comunica che tutto il resto del personale e i contatti stretti dei positivi non sono contagiati. Finché, ieri, anche l’azienda sanitaria regionale esegue i tamponi sui due assistiti, risultati negativi.
Cosa è accaduto? Erano falsi positivi visto che a distanza di due giorni difficilmente possono essersi negativizzati. Gea Medica non apre polemiche con l’Asrem ma ripercorre le tappe degli esami eseguiti e fatti processare altrove per comunicare «agli assistiti, alle loro famiglie ed alla comunità molisana che l’Istituto Europeo di Riabilitazione sorveglia, con ogni impegno ed in ogni maniera, come in questo caso, il rischio biologico, specie da Sars-Cov2, e la sua trasmissione interna».

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