Tutti i livelli istituzionali sono stati rappresentati nella Giornata della Memoria che ieri, a San Giuliano di Puglia, ha reso omaggio alle 30 vittime del sisma che il 31 ottobre 2002 squarciò questa parte del Molise, sgretolando la scuola elementare Jovine e seppellendo le speranze di vita di una intera generazione. I 27 bimbi, la maestra, altri due residenti, inghiottiti nel tragico destino che si compiva sotto gli occhi inermi di chi assisteva alla catastrofe. Vent’anni dopo il paese è un altro, socialmente e a livello materiale, come ha significato il primo cittadino nell’intervista a latere. Dopo due anni di celebrazioni col freno a mano tirato causato dal Covid, la solennità del ventennale e del ritorno alla normalità hanno potuto restituire almeno la grandezza dell’omaggio, sempre scandito dai rintocchi della campana. Mai così affollato ieri il cimitero, con le visite alle tombe degli angeli, poi il cerimoniale, sempre breve ma così profondo dall’essere contraddistinto da un silenzio mai interrotto, assordante come il vuoto nell’anima che la scomparsa dei bimbi ha scavato. Il sindaco Giuseppe Ferrante, il suo predecessore Luigi Barbieri, artefice della ricostruzione assieme Guido Bertolaso (che era stato in visita privata domenica scorsa), il Capo della Protezione civile Curcio, il presidente della Regione Toma, assessori, il presidente del Consiglio regionale Micone, con gli “inquilini” di Palazzo D’Aimmo, tanti sindaci in fascia tricolore, il presidente della Provincia, parlamentari eletti in Molise come Cesa e Lancellotta, l’europarlamentare Patriciello, il viceprefetto vicario Nuzzolo, il vescovo De Luca, tante persone che hanno avuto incarichi negli anni. Associazioni e rappresentanze di soccorritori da ogni parte d’Italia e dal Molise, difficile dire chi c’era ieri in questo fazzoletto di terra. Dopo le visite alle tombe degli Angeli tutti raccolti davanti alla campana, con una buona mezz’ora di anticipo e alle 11.32 ogni rintocco è una lacrima che scende giù. La mente vola a vent’anni fa. A quelle immagini tanto dolorose che fecero il giro del mondo. Uniti. Tutti uniti nella preghiera per ricordare la spensieratezza di quegli angeli troppo presto strappati a questa vita. Cerimonia composta e silenziosa, raccontata dopo anni con attenzione dovuta anche dai media nazionali. Nel cimitero comunale, don Pietro Cannella ha benedetto le corone di fiori per poi proseguire con il corteo fino al parco della Memoria, tra corone di fiori e gonfaloni, l’omaggio di tutte le istituzioni presenti, a cominciare da Curcio, per proseguire poi con Toma e la delegazione parlamentare, col sindaco Ferrante. La commozione non si può descrivere nella sua ampiezza. L’arrivo al Parco della Memoria, lì dove sorgeva la scuola Jovine, spazzata via da quel maledetto terremoto di vent’anni fa, tocca il cuore nel profondo. Un dolore che non passa. I ricordi non passano. Quei bambini, quegli angeli insieme alla loro maestra vivono nei cuori di tutta Italia. Quell’Italia che, da vent’anni, si stringe attorno alla comunità di San Giuliano di Puglia, come a volerla proteggere e a farla sentire meno sola. Il Molise guarda indietro per tracciare la rotta del futuro, ma sulla sicurezza scolastica siamo ancora all’anno zero in Italia.

I ricordi del sindaco Ferrante, «la nostra gente ha reagito»

«Quel giorno mi trovato a Campobasso, perché ero iscritto al primo anno di Economia all’UniMol, e avevo 19 anni». E’ questo il ricordo del sindaco di San Giuliano di Puglia, Giuseppe Ferrante, che ha raccolto la pesante eredità del predecessore Luigi Barbieri, per 15 anni primo cittadino. Ferrante è in carica dal 27 maggio 2019 e quella di ieri è stata – nel ventennale – la sua quarta commemorazione. «Ho avvertito lì la scossa, ho provato subito a mettermi in contatto coi miei familiari, ma i telefoni non funzionavano e una volta arrivato qui, all’ingresso di San Giuliano, nel tragitto i mezzi di soccorso ci superavano, non pensavo che fosse così grave, ma poi me ne sono reso conto. Avevo mia sorella sepolta sotto le macerie della scuola Jovine, e vi è rimasta fino alle 19.30, è stata poi estratta viva e ricoverata all’ospedale Bambino Gesù di Roma. Fortunatamente è qui, è a casa, a San Giuliano, ma porta dentro quel segno, che nessuno può guarire». «Vent’anni dopo troviamo una comunità che ha saputo reagire a questa tragedia. Nel corso del tempo non c’è stata solo una ricostruzione materiale, fisica, che potete ammirare, ma ce n’è stata anche una del tessuto sociale. I sangiulianesi sono stati forti. Ora se vediamo cosa è successo pochi giorni fa in Sardegna, ci indica che tanto è ancora da fare sul versante della sicurezza scolastica, molti plessi come evidenzia un recente studio risalgono agli anni 70 per oltre il 40%. Non è il terremoto che uccide, ma la colpa è nostra, degli uomini, di chi non segue le regole».

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