Un arresto che ha fatto il giro del mondo, quello del capomafia Matteo Messina Denaro, avvenuto due giorni fa a Palermo. Ne abbiamo parlato con Vincenzo Musacchio, sempre puntuale nelle analisi sul mondo della criminalità organizzata, criminologo forense e docente di strategie di lotta alla criminalità organizzata transnazionale presso il Riacs di Newark.
Sono trascorsi trent’anni e un giorno, dall’arresto di Totò Riina a quello di Matteo Messina Denaro. Come mai così tanto tempo per assicurare alla giustizia l’ultimo boss mafioso stragista?
«Sicuramente il boss ha avuto importanti coperture. Il suo arresto è solo un punto di partenza e non di arrivo. Lo Stato avrà conseguito una vittoria piena soltanto quando farà luce sul come e sul perché sia stata possibile una latitanza così lunga, nonostante – sia chiaro – l’impegno massimo della magistratura e delle forze dell’ordine. Come ho più volte detto in questi anni Messina Denaro era in Sicilia, a Palermo, ed è stato arrestato in una delle cliniche più frequentate della città. Latitanze così lunghe come quelle dei suoi predecessori Riina e Provenzano si spiegano solo se si gode di un regime di protezioni a vari livelli anche istituzionali».
Che significato ha l’operazione condotta dal Ros dell’Arma dei Carabinieri?
«Ripeto per me è solo un punto di partenza da cui impostare la nuova lotta alle mafie. Del resto mi pare che lo stesso procuratore di Palermo De Lucia abbia affermato che si farebbe un grosso errore pensare che la mafia sia stata sconfitta. Mi preme sottolineare che le intercettazioni hanno svolto un ruolo importantissimo per il contrasto alla criminalità organizzata. Gli inquirenti palermitani hanno confermato che senza le intercettazioni non si sarebbero potute fare le indagini che hanno portato all’arresto di Messina Denaro».
È una coincidenza che l’arresto sia avvenuto solo dopo la parola fine alla vicenda giudiziaria sulla trattativa Stato-mafia?
«Io, come è noto, sono tra coloro che sono convinti che una trattativa tra pezzi deviati dello Stato e mafia ci sia stata e sia ancora in corso. Non aggiungo altro».
Il blitz a Palermo nelle settimane di polemica furibonda sugli effetti della Legge Cartabia, quali potranno essere le novità a riguardo?
«Credo che si debbano affinare tutti gli strumenti di lotta contro le nuove mafie. In questo momento non serve alcun cedimento. I nuovi mafiosi sono proiettati verso ambiti mercatistici e contaminano l’economia legale con il monopolio d’interi settori, da quello sanitario, a quello edilizio e immobiliare o delle concessioni di appalti e opere pubbliche. La loro caratteristica peculiare è la transnazionalità utilizzata come strategia espansionistica finalizzata innanzitutto a riciclare e reimpiegare i capitali illeciti, utilizzando tecniche di occultamento sempre più artefatte, frutto principalmente del traffico internazionale di stupefacenti. Le nuove generazioni di mafiosi hanno scelto la loro strada: “Meno violenza e più affari”. Questa nuova direzione non è stata ancora compresa a fondo e accendere una luce per una riflessione su questo problema sarebbe molto importante soprattutto nel percorso di lotta a queste nuove mafie che personalmente ritengo molto più pericolose di quelle degli anni novanta».
Qualora decidesse di collaborare, Matteo Messina Denaro potrebbe aprire lo scrigno dei segreti sin qui celati su cosa avvenne nei primi anni Novanta?
«Matteo Messina Denaro è l’unico boss rimasto in libertà a conoscere i segreti delle stragi e della trattativa Stato-mafia. Non collaborerà. Credo tuttavia che tutti quei servitori dello Stato che hanno sacrificato la propria vita alla lotta contro la mafia saranno rispettati quando consegneremo alla giustizia non solo l’ultimo boss stragista di “Cosa Nostra” ma anche i mandanti di quegli omicidi e di quelle stragi. Ora lo aspetta il 41bis».
Che succederà adesso nella cabina di regia di Cosa Nostra?
«Le cosche si riorganizzeranno e la cupola sarà riformata con il suo nuovo capo. Uno dei possibili candidati potrebbe essere Giovanni Motisi, il killer del commissario Beppe Montana. È inserito nella lista dei criminali più ricercati d’Europa. Sicario di fiducia di Totò Riina, secondo le dichiarazioni di Calogero Ganci, collaboratore di giustizia, era presente in Cosa Nostra nel momento in cui si era discusso di assassinare il generale Carlo Alberto Dalla Chiesa. Vicino a Bernardo Provenzano e allo stesso Messina Denaro. Cosa Nostra, benché oggi duramente colpita, resta ancora molto pervasiva. Le ultime indagini della Dda di Palermo hanno dato conferma di rapporti tra Cosa Nostra e gli “scappati” o “americani”, in altre parole i perdenti della guerra di mafia contro i corleonesi. Molti di loro, tornati a Palermo, hanno recuperato l’antico potere mafioso, forti anche degli storici rapporti con i boss d’oltreoceano, stringendo addirittura accordi con l’ala corleonese. Vedremo presto cosa accadrà».

Emanuele Bracone

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