Mentre si attende l’esito del braccio di ferro sui rincari delle tariffe irrigue, almeno una buona notizia è quella provenuta dal capoluogo, a vantaggio dei coltivatori che rientrano nel perimetro agrario del Consorzio di Bonifica larinese. Accolta, infatti, l’istanza di annullamento delle cartelle di pagamento che è stata avanzata dall’avvocato Massimo Romano davanti ai giudici di primo grado della Corte di Giustizia Tributaria di Campobasso, chiamata a pronunciarsi sui ricorsi proposti da numerosi consorziati proprietari di fondi ricadenti nel perimetro consortile larinese. Cartelle di pagamento aventi a oggetto i contributi consortili delle annualità 2017, 2018 e 2019, emesse dall’Agenzia delle Entrate Riscossione per conto dell’Ente di bonifica. «Quelle depositate nella giornata di giovedì rappresentano le ennesime importantissime pronunce del Giudice Tributario che sanciscono l’illegittimità della pretesa impositiva avanzata dal Consorzio di bonifica nei confronti dei contribuenti i quali, ogni anno, sono gravati da richieste tributarie sempre più onerose e irragionevoli, a fronte dell’assenza di interventi infrastrutturali e manutentivi da parte dell’Ente e, quindi, di quel beneficio fondiario che costituisce il presupposto necessario e imprescindibile dell’obbligazione tributaria – ha sottolineato Massimo Romano – la Corte di Giustizia Tributaria di Campobasso ha infatti condiviso la tesi dei ricorrenti e riaffermato il consolidato principio, recentemente ribadito anche dalla Corte Costituzionale, secondo cui “i proprietari dei beni situati entro il perimetro del comprensorio sono obbligati a contribuire nella spesa necessaria per l’esecuzione, la manutenzione e l’esercizio delle opere in ragione del beneficio che traggono dalla bonifica”. Tale effetto non discende in automatico dall’inclusione nel perimetro del consorzio, bensì dall’apprezzabile aumento del valore del fondo. Pertanto, come sostenuto dagli avvocati Massimo Romano e Luca Di Carlo che hanno difeso i consorziati ricorrenti, in mancanza di benefici diretti e concreti la richiesta tributaria non può che ritenersi illegittima, essendo giunti all’esito paradossale che l’onerosità dei tributi consortili risulta talvolta addirittura maggiore del reddito derivante dalla coltivazione dei terreni illegittimamente gravati, tanto più se si considera che molti consorziati, per prevenire ed emendare i danni derivanti dai continui dissesti idrogeologici, sono costretti ad accollarsi anche i costi per la realizzazione di quelle opere idrauliche spettanti alla competenza istituzionale del Consorzio».

Commenta

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

*

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.