La colonna sonora di Schindler’s List in sottofondo, i messaggi di Nelson Mandela, di Papa Francesco e di Martin Luter King, tutti accomunati da un unico, potente, messaggio: la condanna alle discriminazioni e all’odio razziale. Questa la cornice in cui si è svolta in Prefettura a Campobasso – con un giorno d’anticipo rispetto alla ricorrenza del Giorno della Memoria – la cerimonia di consegna delle Medaglie d’Onore, conferite dal Presidente della Repubblica, a due militari molisani internati nei lager nazisti nell’ultimo conflitto mondiale.
Santuccio Giuseppe Serpone, originario di Toro, e Stefano Filippo Serrecchia, nato a San Giuliano di Puglia, hanno vissuto sulla loro pelle l’orrore della follia nazista. Internati in Germania in quell’inferno a cielo aperto chiamato lager, due anni (dal ‘43 al ‘45) lontani dai loro affetti, dai loro figli che ieri mattina, nel salone del Palazzo di Governo hanno ritirato l’onorificenza tra le lacrime, perché quel ricordo, seppur sfocato, è ancora una ferita aperta.
Agli studenti presenti in sala si è rivolto il prefetto Maria Guia Federico, «a voi spetta il compito di non dimenticare – le sue parole – un messaggio che dovrete tramandare anche ai vostri figli.
Perché la memoria – cita Liliana Segre, la sopravvissuta ad Auschwitz nominata qualche giorno fa senatrice a vita dal Presidnete Mattarella – è l’unico vaccino contro l’indifferenza».
«Sono passati 80 anni dalla promulgazione delle leggi razziali che hanno sparso dolore e morte – ha evidenziato il sindaco di Campobasso nel corso del suo intervento – e anche se c’è ancora chi continua a negare quanto accaduto, per fortuna abbiamo ancora oggi la possibilità di ascoltare, dalla viva voce dei sopravvissuti, quegli anni così bui. Voci che sono storia, e accorato appello affinché l’olocausto non si ripeta più. Ma quelle fotografie, quei frammenti di video arrivati fino a noi, il dramma che traspare dai capolavori della letteratura e persino i racconti di chi è scampato sembrano cadere nel vuoto di fronte alla prepotente rinascita di rigurgiti xenofobi che serpeggiano in Europa e dilagano in America. Ancora oggi, nel 2018. Certo la Shoah non è paragonabile ai venti di insofferenza e di fanatismo che vorrebbero spazzare via gli immigrati, chi chiede asilo politico, chi fugge da guerre e dittature, chi vuole semplicemente vivere, ma è comunque un fenomeno allarmante, perché prima sottotraccia e oggi alla luce del sole, quel sentimento di insofferenza verso l’altro è diventato un pericoloso leitmotiv, addirittura un cavallo di battaglia da usare in campagna elettorale per alimentare timidi focolai di razzismo e rafforzare quelli che già ardono da tempo». E allora bisogna «ripartire dal Giorno della Memoria, giorno di solidarietà, per non dimenticare che l’intolleranza è l’anticamera di una strada senza uscita».

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