Lunedì scorso sono scattati i sequestri preventivi su disposizione del gip: ai 4 indagati nell’ambito dell’indagine sulle cosiddette frodi carosello sono stati confiscati i profitti dei reati fiscali, pari a poco più di 312mila euro. Nello specifico il provvedimento ha colpito i titolari di alcune concessionarie di Campobasso, accusati a vario titolo per i reati di omessa presentazione della dichiarazione dei redditi e di dichiarazione fraudolenta mediante l’uso di fatture per operazioni inesistenti nonché per i reati di bancarotta fraudolenta, falso e sostituzione di persona.
L’indagine, che ha interessato numerose società avente sede in Campobasso e diverse annualità di imposta, ha scoperto l’esistenza di un articolato e complesso sistema criminoso organizzato dagli indagati nell’ambito del commercio di autovetture acquistate all’estero. Gli indagati utilizzavano vari prestanomi predisponendo una falsa documentazione inerente la compravendita delle autovetture. È stato così possibile accertare come venissero create delle società fittizie, cosiddette “cartiere”, gestite dagli indagati, il cui unico scopo era quello di interporsi fittiziamente nella compravendita di autovetture dall’estero, al fine di celare la società campobassana, reale acquirente delle auto.
L’acquisto avveniva in senza però versare l’Iva secondo l’ormai noto meccanismo della “frode carosello”.
La fase successiva del meccanismo illecito prevedeva, poi, che l’autovettura venisse immatricolata in Italia attraverso la predisposizione di documentazione falsa che attestava, contrariamente al vero, che il singolo e ignaro acquirente si era recato nel paese Europeo per acquistare l’autovettura e che, pertanto, nulla doveva in termini di Iva in Italia.
Il meccanismo è stato scoperto grazie al lavoro sinergico dell’Agenzia delle Entrate, della Squadra Mobile e del Nucleo Pef della Guardia di Finanza di Campobasso, che ha consentito acquisire la prova del fumus dei reati fiscali, imputati agli indagati, attraverso i quali gli stessi avrebbero conseguito un profitto pari a 312.138,29 euro.
Il sequestro preventivo disposto sui beni degli indagati, volto a conservare il profitto del reato ai fini della successiva confisca, si inserisce nel contesto delle linee di intervento della Procura di Campobasso volte alla repressione dei reati da realizzarsi, non soltanto intervenendo sui presunti autori, ma anche aggredendo i beni che ne costituiscono il profitto; questo in un’ottica di deterrenza e di recupero alla collettività di quanto illecitamente acquisito.

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