Da un anno siamo i Senzabussone, uno che ha camminato la vita per dritto e non per traverso.
Chiuse gli occhi mentre il sole stava per aprirli. In un letto del Cardarelli, al pian terreno. Senza un parente, un amico e neppure una di quelle strofette che l’hanno reso famoso. Il virus sfacciato e impertinente ha attaccato senza ritegno i suoi polmoni, e se l’è portato via.
«Sei l’unico che non può andarsene», gli dissi in piazza Polmonite qualche giorno prima che l’ambulanza del 118 andasse a soccorrerlo in via Genova, nella casa che da sempre abitava con la sorella Anita, adorabile ipovedente che lo ha coccolato come un bambolotto.
Quando Tonino Bussone si è ritrovato al buio, ristretto nella lucida cassa mortuaria avrà purtroppo capito che morire è non ritrovarsi più con gli amici.
Da quel giorno, Tonino e la città si sono perduti di vista. Al suo funerale c’erano “quattro gatti”. Per il rispetto delle ferree regole e la paura di venir contagiati dal Covid.
Credo di essere stato tra i pochi a portargli il saluto, nella camera mortuaria. Mi si è presentato vestito con la tuta nuova della Molise, una corona in mano, la maglia della Juve adagiata sul petto e il gagliardetto rossoblù, poggiato sui piedi.
Naufrago, in una burrasca di lacrime, Tonino se n’è andato. Lasciandoci infelici e pieni di rimpianti.
A distanza di 365 giorni, siamo qui a ricordarlo. E a sottolineare la simpatia e la riconosciuta bontà che ne avevano fatto uno dei personaggi più amati della città.
Da mesi, attraverso una prospettiva del tempo stava preparando la festa per i 60 anni della Polisportiva Molise che vide nascere, per mano del professor Tonino Di Tullio, il primo impareggiabile presidente, nel gennaio del 1961.
Nella sua stanzetta al terzo piano teneva custoditi in un grosso armadio foto, documenti e ritagli di giornali. Il resto se li portava appresso nel borsone regalatogli dalla sua amica Virginia, della profumeria Bontempo, ciò che non c’entrava lo aveva affidato alla sua straordinaria memoria che gli consentiva di ricordare nomi, date di nascita e prestazioni dei suoi migliori atleti.
Quando lo ripenso non ho bisogno di domandarmi dove finiva la vita e cominciava l’immaginazione, perché mi sorregge il sospetto che forse non è vero nulla di quanto avevo vissuto insieme a lui, in tanti anni di amicizia di marciapiede.
In questo breve ricordo ho cercato di eliminare ridondanze oziose e contraddizioni mortali. Credo di aver ottenuto un “pezzo” più vicino a quello che avrei voluto scrivere.
Ho sempre creduto che attardarsi troppo nei ricordi non renda un bel servizio al “morto”. Tonino avrebbe letto volentieri questo “coccodrillo” e si sarebbe commosso lo stretto necessario.
Se credete, andate a fargli visita al cimitero. Riconoscerete la sua tomba, la più bella, disegnata da sé medesimo e realizzata da un artigiano, al quale si era per tempo raccomandato di fargli fare un figurone.

Gennaro Ventresca

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