Bella, dai lineamenti delicati incorniciati da lunghi capelli biondi. Un filo di trucco, un sorriso mezzo accennato. Romina De Cesare avrebbe compiuto 36 anni fra qualche settimana. Il suo profilo social, da ore, è letteralmente inondato da affetto, dolore, rabbia.
Romina è stata uccisa. Sembrerebbe prima strangolata e poi massacrata con una decina di coltellate.
L’assassino – che, in ossequio al triste copione che accomuna tutti i femminicidi è il suo ex compagno, l’uomo che diceva di amarla ma che non voleva lasciarla libera di vivere – ha confessato nella notte. Pietro Ialongo è in stato di arresto da ieri mattina.
«Non volevo ucciderla. Io la amo» ha scritto su un foglio bianco prima di tentare di togliersi la vita, per scomparire assieme alla sua colpa. In una busta piena di foglietti deliranti, forse anche l’annuncio del suo suicidio.
Entrambi di Cerro al Volturno, Romina e Pietro vivevano a Frosinone. Ancora insieme, nello stesso appartamento in pieno centro cittadino, in via del Plebiscito, a due passi dal nuovo Municipio e vicinissimo alla Prefettura.
Separati in casa. L’amore ormai finito, Romina aveva un nuovo compagno. Una guardia giurata che martedì ha dato l’allarme perché non aveva sue notizie da troppe ore. Preoccupato, ha chiamato la Polizia. Il telefono squillava a vuoto, al citofono di casa non rispondeva più nessuno ormai.
Romina era già morta. Il suo corpo a terra, in un lago di sangue, in quell’appartamento che avrebbe voluto lasciare non appena ne avesse trovato un altro. Cambiare casa per chiudere quella convivenza ormai insostenibile.
Uccisa, massacrata. Coltellate profonde al fegato e al torace, ancora non si sa quante e quale sia stata quella mortale.
Pietro Ialongo, 38 anni, perito informatico, anche lui originario di Cerro al Volturno e residente a Pizzone ma ormai domiciliato a Frosinone, ha confessato all’alba di ieri, dopo aver trascorso qualche ora nell’ospedale «Santa Maria Goretti» di Latina.
Dopo aver ucciso Romina, è salito sulla sua Audi A4 e ha raggiunto il litorale. L’auto è stata ritrovata a San Felice Circeo, in località Punta Rossa, mentre lui è stato fermato molti chilometri dopo, nella zona di Torre Paola, a Sabaudia.
Chi lo ha visto racconta che farfugliava frasi senza senso, che non sarebbe riuscito a comunicare nemmeno con i carabinieri che però sono riusciti a risalire all’indirizzo di residenza di quell’uomo fuori di sé.
Frosinone, via del Plebiscito. A due passi dal nuovo Municipio e dalla Prefettura.
In quella stessa casa dove, in quegli stessi momenti, gli agenti della squadra mobile stavano facendo irruzione con l’aiuto dei Vigili del fuoco, in quello stesso appartamento dove la polizia scientifica si stava mettendo al lavoro, dove erano appena arrivati il procuratore Antonio Guerriero, il pm Barbara Trotta, il questore Domenico Condello.
A Latina, nell’ospedale dove l’uomo veniva medicato, nessuno poteva immaginare che a Frosinone aveva ucciso la donna che diceva di amare.
Il corpo trafitto da almeno una decina di coltellate, fra il torace e il ventre. In casa sangue ovunque, i segni di un litigio finito nel più tragico dei modi. Ancora da stabilire l’ora esatta dell’omicidio che potrebbe essere avvenuto nel pomeriggio di martedì.
Nessuno, fra i vicini, avrebbe sentito rumori sospetti, grida, richieste di aiuto. Gli inquirenti starebbero vagliando le immagini dei sistemi di videosorveglianza che insistono in quell’area, vista anche la vicinanza alla sede del Comune e alla Prefettura.
Il medico legale dovrà stabilire l’ora del decesso, sembrerebbe che in casa sia stato ritrovato anche il coltello usato da Pietro Ialongo per infierire sulla ‘sua’ Romina.
Che aveva lo sguardo dolce e il sorriso appena accennato. Che si era innamorata di un altro uomo e voleva essere felice.
Pietro Ialongo l’ha massacrata perché Romina non poteva amare nessun altro.
«Non volevo ucciderla, io la amo», il suo biglietto ‘di scuse’. Il copione è sempre identico: vite spezzate da uomini che invece non sanno amare.
ls

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