Responsabili della propria morte, avvenuta in una notte di inizio aprile sotto quintali di cumuli di macerie. Responsabili perché, dopo mesi e mesi di scosse continue, assuefatti quasi alla paura che ormai coabitava con le loro esistenze, erano rimasti a dormire a casa. Perché non avevano ‘previsto’ che quella notte L’Aquila sarebbe stata rasa al suolo dal terremoto.
Un altro colpo durissimo per chi è rimasto, per chi – da quel 6 aprile 2009 – convive con il dolore, l’assenza, il ricordo della perdita di un figlio, di una madre, di un affetto.
Nella sentenza del tribunale civile dell’Aquila, relativamente alla richiesta di risarcimento delle 24 vittime del terremoto purtroppo uccise dal crollo dello stabile in via Campo di Fossa (dove non risultano esserci state vittime molisane, ndr), è spuntato il «concorso di colpa» causato dalla «condotta incauta di trattenersi a dormire nonostante il notorio verificarsi di due scosse nella serata del 5 aprile e poco dopo la mezzanotte del 6 aprile. Concorso che tenuto conto dell’affidamento che i soggetti poi defunti potevano riporre nella capacità dell’edificio di resistere al sisma per essere lo stesso in cemento armato e rimasto in piedi nel corso dello sciame sismico da mesi in atto, può stimarsi nella misura del 30 per cento».
Dopo la tragedia del 6 aprile 2009, gli eredi delle vittime, sulla base delle perizie che attestavano le irregolarità in fase di realizzazione dell’immobile di via Campo di Fossa e di una «grave negligenza del Genio civile nello svolgimento del proprio compito di vigilanza sull’osservanza delle norme poste dalla legge vigente, in tutte le fasi in cui detta vigilanza era prevista», hanno citato in giudizio il ministero dell’Interno e il ministero delle Infrastrutture e Trasporti per le responsabilità della Prefettura e del Genio Civile per i mancati controlli durante la costruzione, il Comune dell’Aquila per responsabilità analoghe e le eredi del costruttore della palazzina per le responsabilità in fase di costruzione.
I ministeri hanno chiamato in causa il condominio, imputandogli una responsabilità oggettiva, cioè senza colpa, ma derivante solo dal fatto di essere proprietario della costruzione. In particolare il tribunale, ha riconosciuto una corresponsabilità dei ragazzi morti pari al 30% perché ha ritenuto siano stati imprudenti a non uscire dopo la seconda scossa, quella per ciascun Ministero è del 15 per cento e per il residuo 40% in capo agli eredi del costruttore. Condannati quindi i Ministeri e le eredi del costruttore mentre sono state respinte le domande nei confronti del Comune e del condominio. L’inchiesta penale era stata archiviata quasi nell’immediatezza dell’avvio della maxi inchiesta sui crolli (220 quelli definiti) da parte dei pm Alfredo Rossini (ex procuratore capo) Fabio Picuti e Roberta D’Avolio in quanto i presunti responsabili all’epoca identificati quali indagati, erano deceduti nel corso degli anni.
Una vicenda che lascia davvero increduli e che, secondo le prime dichiarazioni dei legali delle vittime, non si concluderà così.

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