Giudizio immediato per Pietro Ialongo, reo confesso del femminicidio di Romina De Cesare, la sua ex fidanzata che era pronta ad una nuova vita senza di lui. Uccisa con 14 coltellate nella casa che ancora condivideva con l’uomo in via del Plebiscito a Frosinone, a due passi dalla Prefettura. Uccisa qualche ora prima che lasciasse per sempre quell’abitazione, pronta a tornare prima nella casa di famiglia a Cerro a Volturno e poi – stando a quanto ha raccontato il nuovo compagno che quel maledetto giorno ha dato l’allarme e ha permesso di ritrovarne il corpo ormai senza vita – a trasferirsi ad Alatri da lui.
Giudizio immediato chiesto e ottenuto dalla Procura di Frosinone a fronte delle prove evidenti dell’omicidio della giovane: la prima udienza in Corte d’Assise al Tribunale di Frosinone si terrà il prossimo 2 febbraio. Imputato di omicidio aggravato dalla coabitazione e stalking il 39enne Pietro Ialongo, assistito dall’avvocato Vincenzo Mercolino. Parte offesa la famiglia di Romina De Cesare, uccisa brutalmente a 36 anni, che si è affidata all’avvocato Danilo Leva.
Si salta l’udienza preliminare, quindi, a fronte di un quadro probatorio evidentemente chiaro e riscontrato. E da indiscrezioni sembra di capire che, tra le fonti di prova, ci siano anche alcune intercettazioni ambientali. Notizia, ovviamente, sulla quale gli inquirenti non si pronunciano.
La certezza è che per la Procura le prove portino ad una sola mano. Quella di Pietro Ialongo, 38 anni all’epoca dei fatti che si sono consumati nella notte tra il 2 e il 3 maggio scorsi.
Il femminicidio di Romina matura in soli sei giorni, come sembrano disegnare le analisi sui tabulati dei telefonini, ultimo atto delle indagini che sono partite spedite e che hanno consentito di delineare il contesto nel quale si è consumato l’assassinio della giovane uccisa a coltellate.
Romina e Pietro vivono ormai da separati in casa. Lei non sente più quel sentimento che li aveva uniti per anni, lui non accetta che questo sia possibile.
Lei, quella notte, torna a casa. Apre la porta e si toglie le scarpe. Ialongo l’aspetta sveglio, al buio. L’aggredisce alle spalle. Diverse coltellate la colpiscono all’addome, colpi veloci e ravvicinati tipici di chi vuole infliggere una punizione. Sono ferite superficiali, come l’autopsia sul corpo della ragazza, certificherà. Secondo la ricostruzione affidata ai Ris che hanno ricostruito le fasi del femminicidio, Romina riesce a liberarsi da quella stretta ma è una questione di attimi. Pietro l’afferra per un braccio, infierisce con il coltello che lei stessa gli aveva regalato. Stavolta la guarda negli occhi mentre la colpisce. Romina prova a difendersi, l’esame autoptico rivela ferite sulle braccia e alle mani. Pietro la spinge a terra, due coltellate al petto. Una mortale, quella inferta al cuore. La lascia lì, nell’ingresso dell’abitazione, agonizzante. I vicini di casa, alcuni studenti cinesi ascoltati nel corso dell’incidente probatorio, racconteranno di aver sentito prima le voci di un litigio, poi urla e silenzio.
Ialongo va in bagno, si lava le mani e pulisce il coltello. Il sangue di Romina verrà trovato nel sifone del lavandino.
Poi fugge via precipitosamente, gli stessi studenti cinesi – che loro malgrado hanno ascoltato i rumori del dramma che si stava consumando sullo stesso pianerottolo – racconteranno di aver sentito porte che si chiudevano con violenza, passi frettolosi per le scale.
Ialongo prende l’auto, arriva a Sabaudia e tenta (così come ha raccontato ai pm di Latina e Frosinone il giorno del suo arresto, davanti ad un avvocato d’ufficio) il suicidio. Poi a piedi fino alla spiaggia, dove lo notano alcuni passanti: è seminudo, dice frasi sconnesse. I carabinieri lo prelevano e lo portano in caserma, solo dopo si scoprirà che quell’uomo delirante è il coinquilino ed ex compagno della donna trovata morta a Frosinone.
Ialongo ha con sé una serie di biglietti, la confessione di quanto fatto, una sorta di ultimo atto ove mai fosse riuscito a togliersi la vita. «Non volevo ucciderla, io la amo», frase di un copione visto e rivisto, che racconta di sentimenti vissuti come possesso e non di amore.
Sei giorni, questo il lasso di tempo nel quale è maturata la decisione di finire questa storia d’amore nel peggiore dei modi.
L’escalation della follia omicida – così come Primo Piano ha raccontato in esclusiva il 24 settembre scorso – viene innescata il 26 aprile. Quel giorno una serie di messaggi scambiati tra Pietro Ialongo e Romina De Cesare, vagliati dal perito Vincenzo Coros, conferma all’uomo che la storia d’amore è arrivata al capolinea. Nel telefonino di Romina le conversazioni con alcune amiche alle quali raccontava degli atteggiamenti morbosi del suo ex.
Nel telefonino di Ialongo un video registrato nella notte tra il primo e il 2 maggio, più o meno 24 ore prima dell’assassinio: Romina dorme sul divano, è l’alba e Ialongo la riprende con il cellulare mentre le parla, usa parole forti nei suoi confronti e l’accusa. Le immagini riprendono Romina che si sveglia, si alza di scatto, urla. Gli chiede di smetterla, gli dice: domani me ne vado.
Sono le 15 del 2 maggio, Romina chiama il padre per avvisarlo che il giorno dopo arriverà in paese. Il dramma si consuma tra le 20 e le 24 di quella notte. Romina non farà in tempo a partire, la sua esistenza si spegnerà per sempre – in una lenta agonia – sul pavimento dell’ingresso del piccolo appartamento di via del Plebiscito. Dove un tempo forse era stata felice.
lucia sammartino

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