Domani, dopo un’attesa di quasi quattro mesi, la Cassazione affronterà il ricorso presentato dai legali di Irma Forte, gli avvocati Giuseppe De Rubertis e Demetrio Rivellino, avverso la decisione assunta dal Riesame all’inizio del febbraio scorso.
Che, come si ricorderà, ha stabilito che la donna – accusata dell’omicidio del marito, il 72enne Carlo Giancola, avvenuto tra il 23 e il 24 dicembre 2022 nell’abitazione di via XXV Settembre a Santa Maria del Molise – dovrà essere trasferita in carcere fino alla celebrazione del processo. Decisione avverso la quale i due avvocati hanno presentato il ricorso in Cassazione che sarà discusso fra qualche ora.
La donna è ancora agli arresti domiciliari, nell’abitazione di un parente, in attesa della decisione che sarà assunta di qui a breve.
Un delitto efferato quello che la donna ha commesso e di cui si è assunta fin da subito la responsabilità, avvenuto al culmine di una lite e da leggere all’interno di complicate dinamiche familiari che l’avrebbero vista vittima per anni di un marito autoritario e di un matrimonio difficile. Anni lungo i quali non avrebbe mai denunciato quanto accadeva in casa.
Per i legali della donna, quel contesto familiare avrebbe avuto un ruolo dirimente nella terribile vicenda accaduta in quella mattina di dicembre: Irma Forte, 66 anni, dopo una notte difficile trascorsa a cercare di convincere il marito ad andare a dormire, lo avrebbe visto nella stanza dove stava riposando – al primo piano, accanto alla cucina – mentre brandiva un pesante ciocco di legno. Che avrebbe potuto usare contro di lei: sarebbe riuscita quindi a strapparglielo dalle mani al culmine di una lite e a colpirlo, fino a lasciarlo esanime ai piedi del letto.
L’autopsia effettuata sul corpo di Carlo Giancola chiarirà l’ora in cui collocare il decesso e le cause della morte.
Le investigazioni scientifiche del Ris, che più volte ha effettuato sopralluoghi nell’abitazione di via XXV Settembre anche per una ricostruzione ‘dinamica’ dell’omicidio in 3D, chiariranno invece le modalità con le quali si è consumato il delitto e se vi siano state altre persone in quel momento nella casa. La scena del crimine, come si ricorderà, è risultata ‘inquinata’ perché la donna avrebbe pulito il pavimento utilizzando dei detergenti.
E anche l’arma del delitto resta un mistero: non è stata individuata con certezza, gli stessi Carabinieri hanno prelevato nell’abitazione alcuni ciocchi di legno custoditi nella legnaia accanto al caminetto che, quella drammatica notte, era acceso. E le fiamme potrebbero aver divorato fino a renderlo cenere, quello che presumibilmente Giancola brandiva contro la moglie e che lei potrebbe avergli strappato di mano per poi colpirlo.

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