L’ex governatore del Molise, Enrico Santoro, nel giorno del 47° anniversario della nascita della Provincia di Isernia, ha voluto celebrare la ricorrenza con uno scritto in cui ripercorre le tappe fondamentali che portarono alla costituzione dell’ente di via Berta.

«La speranza indica, nel presente, la possibilità del futuro. È proprio la speranza l’elemento più presente nel ricordo di ciò che accadde prima dell’istituzione della Provincia e di ciò che provammo subito dopo – ha dichiarato Santoro -. A settembre fu presentata la legge e a febbraio ci fu la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale – ha ricordato l’ex sindaco di Isernia -. Quello che riuscimmo ad ottenere in pochi mesi fu il risultato di un lavoro di squadra e della partecipazione popolare. La gente era accanto ai politici e i sindaci erano attivissimi nel sostenere quanto si andava proponendo. In quegli anni, il successo ottenuto grazie alla concordia raggiunta e alla partecipazione popolare – che Santoro ritenne essenziale allora e che torna ancora più urgente ed impellente oggi – portò ad alcuni progetti essenziali per la città e per il suo territorio».

Tante le opere che si realizzarono nel corso degli anni e che diedero a Isernia la dignità di qualsiasi altro capoluogo di provincia: il nuovo centro ospedaliero, la fondovalle Trigno, l’Isernia-Castel di Sangro, l’allargamento del piano di ricostruzione, la ristrutturazione del centro storico con abbattimenti iniziati e poi bloccati, la realizzazione della sede del Tribunale, la rete di distribuzione del metano, la conclusione della costruzione delle strutture scolastiche con annesse palestre, la progettazione del nuovo centro sportivo che doveva servire tutto l’hinterland e non solo il capoluogo, l’avvio del nucleo di industrializzazione Isernia-Venafro, l’Istituto Regionale di Ricerche Economiche e Sociali, l’accordo con l’Università di Firenze per l’istituzione della Facoltà di Scienze Forestali.

«Un’invocazione – ricorda Enrico Santoro – fu rivolta alla Regione appena realizzatasi in un convegno pubblico: “Ai corregionali e al Consiglio regionale appena insediatosi noi vorremmo dire a voce alta, da questa cattedra della sofferenza, da questo simbolo del patriottismo molisano, che tante vite umane, tanti lutti, tante sofferenze, tante distruzioni debbono oggi insegnarci ad essere più uniti, più consapevoli dei destini della nostra regione, al di sopra di ogni fazione politica e di ogni interesse campanilistico o di zona. Noi molisani dovremmo saper ritrovare la volontà e la forza di rimanere uniti per risolvere con più immediatezza i problemi che ci assillano e per la cui risoluzione l’opera di tutti è indispensabile. Oggi, come non mai, il Molise, se veramente saprà restare unito, è nella effettiva possibilità di risollevarsi dal suo secolare torpore, fatto di arretratezza e di scarso progresso».

Ma già dai primi anni dell’attuazione dei nuovi meccanismi istituzionali l’ex presidente della Regione si rese conto che la direzione presa era priva di una progettualità degna di tale nome. E quelle idee che andavano proponendosi trovavano nuovamente ostacoli nei personalismi. «E ciò – ricorda Santoro – fu davvero un peccato. Se oggi, questo nostro territorio avesse, per esempio, i centri di ricerca che avevamo immaginato nei vari settori (sanità, forestazione, informatizzazione) non saremmo qui a parlare con la stessa preoccupazione della crisi economica che investe il mondo intero. Avremmo potuto creare, costruendo proprio sulle piccole dimensioni della nostra identità provinciale e sulla nostra unicità, un guscio di certezza occupazionale autoctona e forte perché basata sulla specificità degli interventi».

È questa, dunque, l’origine della crisi intercettata da Santoro e che ha portato la Provincia di Isernia ad una condizione di profonda sofferenza: «Oggi viviamo un momento di assoluta apatia. La gente non ha alcuna fiducia nei propri rappresentanti e, cosa ancora più grave, non spera più. La situazione è così immobile che si ha nostalgia persino della faziosità antica che spesso caratterizzava i confronti tra i partiti di quarant’anni fa. Almeno quello era un elemento di vitalità. Oggi si respira, invece, un’aria di disperazione e di morte. Nel constatare l’esistenza di una situazione che sa di degrado politico e culturale; di fronte a una situazione economica che ci rende ricattabili; nel rilevare che un consigliere regionale può essere eletto con meno di mille voti, riducendo così la possibilità reale di una rappresentanza veramente democratica; nella consapevolezza dell’affievolirsi del sentimento di appartenenza e di identità (non ci sentiamo più molisani, sanniti, pentri…); nel constatare la mancanza di fiducia e di speranza di cui si diceva; nell’anniversario dell’istituzione della Provincia non possiamo che augurarci che la gente torni ad essere protagonista del proprio futuro, immaginando gli obiettivi da raggiungere e perseguendoli. Per far questo c’è bisogno di discutere insieme, di confrontarsi, di stare insieme».

Per Santoro, dunque, la ricetta è «la politica con tutte le novità che la contemporaneità offre, ma c’è bisogno di Partecipazione e di Politica. È questa l’unica possibilità che vedo per poter tornare a sperare, per rivivere, per resuscitare. Ed è questo l’augurio che faccio alla mia terra e ai miei conterranei», la conclusione della lettera carica di sentimenti d’amore verso il territorio pentro. Una lezione di stile e di retorica, nell’accezione più nobile del termine, che dovrebbe essere un monito per molti politicanti contemporanei.

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