Non c’è nel documento di 168 pagine lungo le quali scorre la vision del governo Conte connessa all’utilizzo dei fondi del Recovery Fund. Nel Piano nazionale di ripresa e resilienza #nextgenerationitalia, approvato dal Cdm il 12 gennaio scorso, non c’è traccia dell’ipotesi di realizzazione del “Nuovo Veneziale”, ospedale moderno da costruire in territorio di Monteroduni il cui studio di fattibilità era stato inviato dalla Regione Molise all’attenzione della Presidenza del Consiglio dei Ministri.
Un nuovo ospedale ma una vecchia idea che rimanda all’allora candidato presidente Michele Iorio che ne ipotizzò la realizzazione parecchi anni fa che non aveva registrato né entusiasmo né consensi in territorio isernino. Lo stesso segretario regionale del Pd, Vittorino Facciolla, proprio in una intervista rilasciata a Primo Piano Molise, lo aveva definito «una follia». Del resto, come aveva rimarcato, ci sono strutture ospedaliere inutilizzate nella stessa area territoriale di riferimento. Perché un nuovo ospedale, allora?
L’azione di rilancio del Paese delineata dal Piano è guidata da interventi connessi a tre assi strategici: digitalizzazione e innovazione, transizione ecologica e inclusione sociale. E, in tema di Sanità, il tema è proprio quello della modernizzazione di un sistema messo a dura prova dalla pandemia, che ha mostrato evidenze e bisogni che sembra possano fare a meno di una nuova struttura ospedaliera, sebbene moderna e attrezzata, ma che, di contro, richiedono infrastrutture tecnologiche in grado di portare la sanità lì dove serve. Tema affrontato spesso dalla politica regionale, soprattutto da parte dell’opposizione e in tempi recenti. «La pandemia ha mostrato l’irrinunciabile valore sociale ed economico della sanità territoriale – si legge nella lunga premessa di presentazione del Piano firmata dal premier Conte -, il cui miglioramento passa per l’investimento nei servizi di prossimità e nella dotazione tecnologica e digitale. Una più forte integrazione fra politiche sanitarie, sociali e ambientali – rimarca – contribuirà, insieme agli investimenti in ricerca, a una nuova filiera della salute, incentrata sul benessere dei cittadini e sulla capacità di risposta del sistema alle crisi».
Quei 116 milioni di euro messi sul piatto, somma che sarebbe servita per realizzare il Nuovo Veneziale per rispondere ai bisogni di ammodernamento, riorganizzazione e adeguamento della rete ospedaliera del Molise, saranno così ‘risparmiati’. Un progetto di investimento, come specificato nella scheda inviata a Roma, con il quale si intendeva promuovere la concentrazione dell’offerta ospedaliera di qualità in strutture nuove, funzionali e moderne, facilmente accessibili e dotate delle specialistiche previste dalla programmazione regionale, delle tecnologie e dei servizi necessari per il pieno soddisfacimento del diritto alla salute in condizioni di sicurezza e di efficienza. Perché il ‘vecchio Veneziale’, progettato e costruito dal 1970 al 1985, è stato definito «obsoleto ed inadeguato non solo dal punto di vista dello stato delle opere murarie e delle caratteristiche costruttive ma anche e soprattutto per quanto concerne la ristrettezza e la distribuzione funzionale degli spazi e la dotazione tecnologica e impiantistica. Tale struttura – si legge nella scheda – non garantisce possibilità di adeguamenti legati alle necessità del rispetto delle norme di protezione e sicurezza. In questo contesto, la realizzazione di un nuovo presidio ospedaliero di Isernia costituisce una priorità del sistema sanitario molisano». Come è noto, il Comune di Isernia è inserito nei comuni sismici sin dal 1937 e tutti i corpi di fabbrica del vecchio Veneziale sono stati realizzati nel rispetto della normativa sismica vigente dell’epoca della sua costruzione. «Tutto ciò implica, quantitativamente, un deficit di adeguamento delle strutture rispetto alla normativa del 2008 – si legge nello studio di fattibilità -: per quanto riguarda il primo blocco si è in presenza di calcestruzzo con oltre 35 anni e di acciaio liscio, mentre per il secondo nucleo, il calcestruzzo è più giovane e di migliore qualità e le armature sono in acciaio ad aderenza migliorata. Ciò evidenzia una differenza sostanziale tra i due blocchi e, indipendentemente dalla normativa, una vulnerabilità maggiore del primo blocco è da imputare alle proprietà meccaniche dei materiali (acciaio e calcestruzzo), inferiori a quelle del secondo blocco. Da uno studio condotto dal Cnr – si legge ancora – si ha una vulnerabilità alta per quanto riguarda il primo blocco e medio-alta per il nucleo Dea». Informazioni non proprio rassicuranti, come è evidente. Nonostante questi rischi, messi nero su bianco, il vecchio Veneziale continuerà ad essere il presidio ospedaliero di riferimento dell’area.
Il Recovery Fund, in tema di interventi in ambito Sanità, riguardano le azioni di rafforzamento del sistema ospedaliero ma in particolare la rete dell’assistenza territoriale che appare «debole e non omogenea nella capacità di dare risposte integrate (di natura sanitaria e sociosanitaria), non garantendo equità di accesso alle cure e costituendo una delle principali criticità del Servizio sanitario nazionale. Per supportare lo sviluppo dell’assistenza territoriale e per fronteggiare il futuro fabbisogno di cure, la sanità digitale riveste un ruolo cruciale e trasversale». Ed è questa la questione: invece di un nuovo ospedale, nel Piano si sono preferite «soluzioni digitali per piani di presa in carico multidisciplinari e multiprofessionali – in grado di integrare processi di cura ed assistenza, nonché di supportare la vicinanza e la comunicazione alle persone -, fattore fondamentale per sostenere il processo di potenziamento e di omogeneizzazione dei servizi territoriali in tutte le aree del Paese nella fase post emergenziale». Nella missione Salute sono previste risorse per l’assistenza di prossimità (vicina ai bisogni dei cittadini in grado di consentire una effettiva equità di accesso della popolazione alle cure sanitarie e socio sanitarie), per il potenziamento della rete dei servizi distrettuali, per il consolidamento di quella ospedaliera ad essa integrata, per la telemedicina, l’innovazione, la ricerca e la digitalizzazione dell’assistenza sanitaria. E questi obiettivi, per essere centrati, non necessitano di un nuovo ospedale ma forse di un ospedale nuovo nelle modalità di erogazione dei servizi.

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