Non sembra che possa esserci un lieto fine alla vicenda che coinvolge l’Afasev. Struttura chiusa da dicembre, complice un cluster Covid che ha contagiato ospiti e operatori sanitari trasferiti nella casa di riposo Gargani che si è preoccupata di assisterli, e fino ad oggi mai riaperta. Nel frattempo, genitori e familiari degli assistiti hanno ragionato insieme di quale futuro scrivere per i propri cari, alla luce anche delle difficoltà finanziarie che lo stesso presidente Luciano Mollichelli aveva evidenziato anche su queste colonne. Oggi sembra che sia stata scritta la parola fine ad una esperienza di assistenza che ha accompagnato per anni uomini e donne segnati da gravi disabilità.
«L’Afasev è al capolinea, l’Afasev chiude» spiegano a chiare lettere i genitori degli ospiti . Molteplici le cause: prima fra tutte le tante difficoltà incontrate dal presidente nella gestione dell’emergenza sanitaria che ha travolto e sconvolto tutti gli schemi. Sarebbero servite misure serie ed efficaci, spiegano ancora i familiari, secondo le indicazioni dell’Istituto superiore di Sanità. Poi, il comportamento superficiale di chi, pur lavorando in una struttura ‘sensibile’, non avrebbe osservato tutte le prescrizioni dettate dai vari Dpcm per il contenimento della diffusione della pandemia. «E anche per colpa di qualche genitore – commentano a denti stretti – che portava via il proprio assistito con certificati medici di dubbia serietà». Purtroppo ad inizio dicembre il Covid è entrato nella struttura: il trasferimento degli ospiti che non potevano essere ospedalizzati, le difficoltà economiche, il mancato accreditamento della struttura. «Alcuni familiari – raccontano ancora i genitori degli ospiti – avevano deciso di tassarsi con 2000 euro mensili per tre mesi per favorire la ripartenza dell’attività, confidando in qualche contributo straordinario da parte della Regione Molise e dell’amministrazione isernina. Tante promesse, ma pochi fatti. Avevamo chiesto agli operatori sanitari di accontentarsi di una paga leggermente ridotta, per contribuire allo sforzo iniziale ma alcuni di essi hanno preferito vivacchiare sui proventi della cassa integrazione piuttosto che assicurarsi un futuro lavorativo. certo. Inaudito! Così – concludono questi genitori che vedono crollare un pilastro della vita dei propri figli – la Regione Molise sta per far chiudere una struttura bellissima, costata centinaia migliaia di euro per non dare una mano, certamente non troppo onerosa, ai propri sfortunati figli. Se fosse un reato sarebbe ‘figlicidio aggravato per disinteresse tutoriale verso i diversamente abili’». È un grido di aiuto, rivolto anche al neo assessore regionale Calenda: il dolore e la paura raccontano la vita di chi teme per il proprio figlio, di chi cerca una soluzione ma non ne trova traccia, di chi ha paura di non riuscire a farcela, di non poter aiutare al meglio, come solo un genitore sa fare. Paura di quello che sarà, da domani.

ls

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