Il sindacato di Polizia penitenziaria autonomo Sappe non cessa di denunciare gli episodi di violenza che avvengono in carcere tra detenuti stranieri e italiani. Una protesta che periodicamente tocca anche i penitenziari molisani. Nell’ultima circostanza, quella denunciata ieri, al centro delle rimostranze del Sappe c’è la casa circondariale di contrada Monte Arcano a Larino.
Il Sappe evidenzia il grave episodio che sarebbe accaduto nelle ultime ore.
Spiega Luigi Frangione, segretario regionale Sappe per il Molise: «Nel carcere di Larino, ed esattamente nella sezione addetta alla cosiddetta vigilanza dinamica dove sono assegnati detenuti attentamente selezionati dalla Direzione dell’istituto per la loro buona condotta, si è consumata l’ennesima rissa tra detenuti stranieri e italiani che ha reso necessario l’intervento delle ambulanze del 118 per gli accertamenti medici. Come sempre, a dover provvedere al ripristino dell’ordine e la sicurezza del reparto il solito ed unico Assistente Capo preposto al Reparto: in suo supporto il poliziotto addetto alla Sorveglianza Generale. E questo nonostante la buona presenza di sottufficiali presso la struttura di Larino, impiegati però negli uffici e non in prima linea. A Larino oramai da anni è consuetudine assegnare il carcere in mano all’assistente capo che di fatto diventa comandante supremo del carcere ed intanto gli ispettori (alcuni assegnati in ufficio) continuano a effettuare prestazioni straordinarie negli uffici. E non è questo il primo episodio che si verifica nella Sezione detentiva che alcuni ritengono di elite».
Il segretario generale del Sappe Donato Capece commenta, da Roma: “Mi preoccupano questo nuovo grave episodio avvenuto nel carcere di Larino. Restano inascoltate le nostre segnalazioni al Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria di Roma sulle disfunzioni e sugli inconvenienti che si riflettono sulla sicurezza e sulla operatività della Casa Circondariale di Larino e del personale di Polizia Penitenziaria che vi lavora con professionalità, abnegazione e umanità nonostante una significativa carenza di organico. Ed è incomprensibile che chi ha il dovere di intervenire, ossia l’Amministrazione penitenziaria regionale e nazionale, non intervenga tempestivamente».
Amara la conclusione del Sappe, che ha già formalmente chiesto la sospensione immediata della disposizione del Dap sulla vigilanza dinamica: «Il sistema delle carceri non regge più, è farraginoso. E’ vero quel che ha detto durante la consueta conferenza stampa di fine anno il Presidente del Consiglio Paolo Gentiloni, ossia che avere un sistema carcerario più moderno e più umano aiuta la sicurezza. Ma oggi la realtà in Italia non è affatto così. Oggi, nelle 190 prigioni del Paese, sono presenti oltre 57.600 detenuti, quasi 20mila dei quali sono gli stranieri, ossia ben oltre la capienza regolamentare, e gli eventi critici tra le sbarre (atti di autolesionismo, risse, colluttazioni, ferimenti, tentati suicidi, aggressioni ai poliziotti penitenziari) si verificano quotidianamente con una spaventosa ciclicità».
Netta è la denuncia del Sappe: «Da tempo il Sappe denuncia, inascoltato, che la sicurezza interna delle carceri è stata annientata da provvedimenti scellerati come la vigilanza dinamica e il regime aperto, l’aver tolto le sentinelle della Polizia Penitenziaria di sorveglianza dalle mura di cinta delle carceri, la mancanza di personale – visto che le nuove assunzioni non compensano il personale che va in pensione e che è dispensato dal servizio per infermità -, il mancato finanziamento per i servizi anti intrusione e anti scavalcamento. Lasciare le celle aperte più di 8 ore al giorno senza far fare nulla ai detenuti – ne lavorare, ne studiare, ne essere impegnati in una qualsiasi attività – è controproducente perché lascia i detenuti nell’apatia: non riconoscerlo vuol dire essere demagoghi ed ipocriti. La realtà è che sono state smantellate le politiche di sicurezza delle carceri preferendo una vigilanza dinamica e il regime penitenziario aperto, con detenuti fuori dalle celle per almeno 8 ore al giorno con controlli sporadici e occasionali, con detenuti di 25 anni che incomprensibilmente continuano a stare ristretti in carceri minorili. Mancano Agenti di Polizia Penitenziaria e se non accadono più tragedie più tragedie di quel che già avvengono è solamente grazie agli eroici poliziotti penitenziari, a cui va il nostro ringraziamento. Ed allora si comprenderà perché da tempo il Sappe dice che nelle carceri c’è ancora tanto da fare: ma senza abbassare l’asticella della sicurezza e della vigilanza, senza le quali ogni attività trattamentale è fine a se stessa e, dunque, non organica a realizzare un percorso di vera rieducazione del reo».

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