Respinta al mittente nel Molise l’istanza degli armatori, che chiedevano di poter anticipare a fine luglio il fermo biologico, i pescherecci della flottiglia termolese (al pari di quelli dell’Adriatico da San Benedetto del Tronto a Termoli, torneranno stasera in banchina con l’ultimo pescato estivo. Da lunedì, infatti, e per sei settimane, l’attività ittica a strascico, delle imbarcazioni della pesca industriale andrà a riposo. Sempre controverso il tema del fermo biologico, sia per il periodo prescelto che per gli indennizzi che vengono erogati in ritardo. Un 2022 che ha minato le basi delle imprese a causa del caro gasolio, come evidenziato dalle proteste anche rumorose dei mesi scorsi e le 3 settimane di sciopero della marineria. Ci sarà solo una digressione per permettere lo svolgimento della Sagra del pesce, con la deroga che viene concessa annualmente (almeno fino al 2019, visto che negli ultimi due anni la manifestazione non c’è stata). La disposizione vieta di uscire in mare fino al 21 settembre. «Il resto delle marinerie – dal Friuli Venezia Giulia al Veneto, dall’Emilia Romagna fino a parte delle Marche e della Puglia – sono ferme dal 30 luglio in una situazione in cui i prezzi di vendita al dettaglio per il pesce fresco e refrigerato nell’ultimo mese sono aumentati del 10,4% per effetto del clima e dell’aumento insostenibile dei costi mentre il prodotto all’ingrosso è rimasto stabile – sottolinea Coldiretti impresa pesca – per quanto riguarda il Tirreno il blocco scatterà da Brindisi a Napoli fino a Gaeta dal 5 settembre al 4 ottobre. Il 3 ottobre partirà, invece, il fermo da Livorno a Imperia (fino al 1° novembre) mentre per Sicilia e Sardegna l’interruzione delle attività è fissata su indicazione delle Regioni mentre da Roma a Civitavecchia è stato effettuato dal 13 giugno al 12 luglio. Come lo scorso anno in aggiunta ai periodi di fermo fissati i pescherecci dovranno effettuare ulteriori giorni di blocco che vanno da 7 a 17 giorni a seconda della zona di pesca e del tipo di risorsa pescata. Nonostante l’interruzione dell’attività sulle tavole delle regioni interessate – precisa Coldiretti impresa pesca – sarà comunque possibile trovare prodotto italiano, dal pesce azzurro come le alici e la sarde, al pesce spada, dalle vongole e cozze provenienti dalla barche della piccola pesca e dall’acquacoltura, che assicura anche orate e spigole. Il consiglio è dunque quello di verificare bene le informazioni in etichetta sui banchi di pescherie e supermercati, ma per assicurare reale trasparenza occorrerebbe arrivare all’etichettatura obbligatoria dell’origine anche al ristorante. Il fermo cade quest’anno in un momento difficile poiché il blocco dell’attività va a sommarsi al caro carburanti con il prezzo medio del gasolio per la pesca che è praticamente raddoppiato rispetto allo scorso anno costringendo i pescherecci italiani a navigare in perdita o a tagliare le uscite e favorendo le importazioni di pesce straniero, considerato che fino ad oltre la metà dei costi che le aziende ittiche devono sostenere è rappresentata proprio dal carburante. Non a caso gli arrivi di prodotti ittici dall’estero sono aumentati del 29% in valore nei primi quattro mesi del 2022, secondo un’analisi Coldiretti su dati Istat. Ma a pesare sono anche le scelte dell’Unione Europea che hanno portato a una riduzione dell’attività di pesca per un corposo segmento produttivo della flotta peschereccia nazionale a poco più di 120 giorni, pari ad un terzo delle giornate annue, portandola di fatto sotto la soglia della sostenibilità economica. Senza dimenticare gli effetti della siccità con la mancanza di acqua per garantire il ricambio idrico e l’aumento della salinità lungo la costa Adriatica. Resta poi il problema che anche quest’anno l’assetto del fermo pesca 2022 non risponde ancora alle esigenze delle aziende e continua a non rispondere alle esigenze della sostenibilità delle principali specie target della pesca nazionale, tanto che lo stato delle risorse nei 35 anni di fermo pesca, per alcune specie, è progressivamente peggiorato. L’obiettivo deve essere quello di tutelare, oltre alle risorse ittiche, anche la sostenibilità economica del settore che rappresenta in molte zone un volano importante anche dal punto di vista turistico». ​

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